Dal guscio del Tempo già beccano i desideri dell’anno che verrà, ma su tripodi rituali bruciano fragranti profumi esotici che diffondono i vapori di ombre lontane.

Ambient delicata e flessuosa condotta da esili armonie levantine che sfumano lentamente nell’aria tra sentori dolciastri di mirra ed incenso.

Su losanghe di topazio che incrostano pagode cinesi, squillanti dissonanze accendono penetranti riflessi acquamarina mentre percussioni fluide cadenzano Danze del Drago che incedono in una pioggerellina difforme di cristalli elettronici.

Un ostensorio d’aurora introduce la mastodontica title-track. Come briciole di pane, l’andante di un sequencer puntiforme traccia dentro di noi strade nascoste mentre un etereo bordone elettronico sottostante avviluppa il sogno che si scioglie pian piano in esalazioni ancestrali e trilli di campanelline, per poi riprendere consistenza in un concitato crescendo finale.

Un misticismo cinematico in cui la spiritualità di Steve Roach viene riscritta in ideogrammi misteriosi.

Dinamismo Occidentale e stasi Orientale fuse in enigmatici diademi dove immagini del Passato e del Futuro guizzano e si intrecciano senza sosta.

Carico i commenti... con calma