La cantina dei rospi è uno dei libri più significativi dello scrittore belga Thomas Owen e viene ora riproposto dalla casa editrice Agenzia Alcatraz (casa editrice molto connessa con le edizioni Tsunami. Di recente ho parlato della biografia di Lovecraft da parte di Paul Roland. Ecco il link al loro sito https://www.agenziaalcatraz.it/). La prefazione è del suo amico Jean Ray, il cosiddetto Lovecraft europeo. Thomas Owen viene oggi considerato, assieme al citato Jean Ray e a Gérard Prévot, come una delle colonne del fantastico belga. Le storie presenti in questa antologia sono quelli in cui lo scrittore belga si dedica compiutamente a narrare la paura.

Fra i racconti che più mi hanno colpito cito “Polvere eri”, una vicenda molto macabra in cui, in un piccolo villaggio, c’è l’usanza di celebrare i funerali in una maniera molto particolare seppellendo vive le persone. Notevole anche il breve “La presenza sconsolata” dove il protagonista, un viaggiatore che percorre un paesaggio desolato, trova riparo in una fattoria decrepita e abbandonata in cui gli sembra di scorgere, all’interno, il volto di una persona dall’aspetto sofferente seduta su una sedia. Una volta entrato tutto sembra in uno stato di abbandono e decadenza. Della persona intravista sembra non esserci traccia ma, in una maniera inaspettata, infine la scorge all’esterno. Scoprirà suo malgrado di averla liberata sedendosi al suo posto e condannando in questo modo se stesso all’immobilità in quella casa diroccata e maledetta. “15-12-38” è poi a mio avviso la sua storia più potente: il protagonista Petrus Wilger, un uomo di legge, riceve una misteriosa lettera da un bambino che sbuca da una misteriosa porta verde posta nella strada di fronte al suo ufficio. Nella lettera gli viene chiesto di telefonare al numero 15-12-38. Gli avvenimenti successivi saranno drammatici e porteranno Petrus Wilger a vivere un vero e proprio incubo. La citata porta verde sembra comparire e scomparire e fornisce l’accesso a una stanza “ipergeometrica” appartenente alla quarta dimensione. Ci sono dei possibili collegamenti con il racconto capolavoro di Jean Ray “Il vicolo tenebroso” (“La ruelle ténébreuse”).

L’utilizzo di un particolare “bestiario”, in alcune di queste storie, rappresenta un’efficace metafora della perversità e della fobia erotica insita nell’essere umano e ricollega lo scrittore belga al fantastico “popolare”. Così in “Padre e figlia” un padre, per un non meglio precisato motivo, fa un viaggio in treno per punire quella “cagna” di sua figlia. Durante il tragitto ha un lungo combattimento proprio con una cagna apparsa improvvisamente che infine riesce ad uccidere. Una volta arrivato al paese dove vive sua figlia scopre che questa si è suicidata. Invece in “La cantina dei rospi” troviamo un abate che scopre di avere il potere appunto di uccidere i rospi. Ossessionato da questi animali ne alleva tantissime specie differenti in cantina come un collezionista perverso. Nel frattempo studia testi esoterici e si convince di poter estendere il suo potere anche agli esseri umani. Ma sarà proprio l’incontro con un altro rospo a minare le sue convinzioni e a farlo sprofondare in uno stato catatonico.

In definitiva siamo di fronte ad uno scrittore da recuperare assolutamente per chi ama un certo tipo di fantastico non anglosassone.

https://www.agenziaalcatraz.it/


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