"L'arte ha questo di particolarmente grande : non tollera la menzogna"

Questa frase attribuita al letterato russo Cechov potrebbe essere la chiave per approcciare il film "Un altro giro" di Thomas Vinterberg (uno dei principali registi del cinema moderno danese, insieme a Lars von Trier), meritatamente insignito dell'ultimo Oscar come miglior film straniero. E infatti il tema affrontato è nient'altro che l'uso e abuso delle sostanze alcoliche , da cui possono discendere i grandi temi della vita.

In grande sintesi siamo in un liceo danese ove operano quattro professori (interpretati impeccabilmente da Mads Mikkelsen, Thomas Bo Larsen, Lars Ranthe, Magnus Millang) accomunati da uno scarso entusiasmo nel lavoro dell'insegnamento e da una vita familiare grigia ed insoddisfacente. Un giorno uno dei protagonisti legge un saggio di uno psichiatra norvegese, tale Finn Skarderud, secondo cui alla nascita gli esseri umani hanno un tasso alcolemico nel sangue deficitario rispetto al dovuto pari allo 0,05%. Se si desidera compensare questo deficit al fine di risultare socialmente più spigliati e brillanti non c'è altro modo che assumere bevande alcoliche in modo mirato e controllato. L'idea suscita subito interesse ed entusiasmo da parte dei 4 professori, che notano gli effetti positivi della terapia . E siccome il presupposto è che così facendo si è nel pieno controllo della situazione (della serie : noi beviamo e non siamo bevuti dall' alcool), l'esperimento prosegue allargando i limiti delle bevute (dalle 8.00 del mattino fino a sera, non importa se a stomaco vuoto) e la situazione comincia a degenerare. Finché sarà giocoforza evitare conseguenze disastrose sia per la salute, sia per il versante pubblico e sociale.

Purtroppo questa resipiscenza da parte dei nostri eroi non impedirà anche eventi tragici, come il suicidio di uno dei professori, scoperto in flagrante ubriachezza e licenziato dalle autorità della scuola ove insegnava. Ma resterà il fatto che, comunque la si metta, rinunciare completamente alle bevande alcoliche in nazioni del Centro Nord Europa è solo una pia illusione (e il finale aperto del film è molto illuminante in tal senso...) . Tanto per dire, se si vuole commemorare l'amico morto suicida perché non andare a pranzo, dopo il funerale, e brindare (non con l'acqua ovviamente) in suo onore? E come la mettiamo con i giovani diplomati del liceo che, come da buona tradizione, festeggiano il risultato scolando litri di birra fino a stordirsi?

Insomma, gli usi e costumi di coloro che abitano in nazioni dal clima freddo sono ben noti (come stupirsi se i russi bevono vodka come fosse acqua? E che dire degli inglesi che, uscendo dall'ufficio, sostano al pub per sorseggiare una pinta di birra e solo dopo rientrano a casa?), ma l'intera vicenda esplica efficacemente cosa comporti la cosiddetta estasi (dal vocabolo greco ekstasis ) etilica. È letteralmente l'essere fuori di sé , perdendosi in un orizzonte senza limiti e proprio in tale frangente si percepisce quello che il filosofo Soren Kierkegaard (molto citato nel film) definisce angoscia (angst). Ovvero lo stordimento indotto dalla libertà, la consapevolezza inquietante di poter scegliere, fra numerose possibilità , cosa fare di sé stessi.

I quattro professori, insoddisfatti della propria esistenza medio borghese, si illudono di migliorare la propria condizione gettandosi a capofitto nella terapia alcolica, ma i rischi sono troppo elevati. Non si può non convenire con quanto ribadiva Kierkegaard per il quale ognuno di noi dovrebbe accettare se' stesso, perché tutti gli esseri umani sono fallibili e così si può imparare ad amare la vita ed il nostro prossimo. Una lezione difficile da apprendere, ma questa è semplicemente la realtà in cui siamo immersi .

Il viatico dell'alcool, vecchio quanto il mondo (tanto che già nell'antica Grecia il vino era equiparato al nettare degli dei) può solo lenire il male di vivere ed è tacitamente tollerato se non travalica le modiche quantità consentite. Quindi occorre prestare attenzione con l'assunzione di certe bevande (magari da giovani può capitare di prendersi una sbronza per provare il retrogusto amaro di un malessere etilico..) e mai dimenticare la massima dei padri latini secondo cui "in vino veritas".

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