Dopo aver sacrificato l’ardore dei vent’anni inseguendo, in quel di Los Angeles, una prospettiva come ghostwriter e musicista per cantanti pop, Tobias lascia disilluso LA alla volta della natia Vancouver. Tornato a vivere con i genitori, scopre in casa un pianoforte e, approcciandosi ingenuamente ad uno strumento che gli era fino ad allora sconosciuto, comincia a comporre le prime canzoni in cui trasferisce le frustrazioni sentimentali (e artistiche) dell’esperienza losangelina. Insomma la più classica delle storie nelle quali la musica è lo strumento per esorcizzare le avversità della vita. E se a questo aggiungete una madre malata di cancro, avrete una vicenda che sembra confezionata alla perfezione per creare un personaggio perfetto per i media.
La prima di queste canzoni è “Just A Dream” (pubblicata in rete nel 2013), in cui immagina d’essere un padre che tenta invano di spiegare il mondo alla figlia. Seguono “Without You” e “True Love”, che contribuiscono a diffonderne il nome.
Nel 2014 l’interesse intorno al ragazzo continua a crescere: i primi concerti (tra cui il Pitchfork Festival a Parigi), un video per La Blogothèque, l’inizio delle registrazioni dell’album con produttori blasonati nell’ambito alternativo d’oltreoceano. Se fossimo in terra d’Albione tutto ciò si tradurrebbe con una sola parola: HYPE.
E infine nel marzo 2015 l’esordio con “Goon”. L’album, al contrario delle premesse, è una piacevole sorpresa (o una riconferma per chi già lo conosceva). Certo nulla di particolarmente originale, TJ fa sua la lezione della scuola (anglofona) di songwriting a cavallo tra sixties e seventies e la riporta nel 2015 senza grossi stravolgimenti rispetto agli standard del genere. Il Lennon solista (nella già citata “Just A Dream”), ma senz’altro anche la controparte McCartney (“Crocodile Tears”), il miglior Elton John, echi sparsi di Bacharach, un tocco del Todd Rundgren di “Something/Anything?” e a tratti il primo Tom Waits.
Un cantautorato intimista che si regge principalmente sul binomio piano-voce, coadiuvato da arrangiamenti che non sfociano mai nel manieristico, malgrado in qualche episodio siano meno efficaci. Tobias Jesso, nonostante la sensazione del già sentito, mostra nel suo debutto una grande dote melodica e un indubbio talento nello scrivere canzoni, che, sia pure nella loro forma più convenzionale e tradizionalmente pop, risultano genuinamente semplici.
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