No, non ho clamorosamente sbagliato a scrivere. Voglio proprio parlarvi dei Tokyo Dragons: degli sconosciuti, o quasi, Dragoni di Tokyo. Se volete farmi un piacere non accostateli o, ancora peggio, scambiateli, con la band MTViana di turno solo perché i nomi di entrambi i gruppi cominciano con la parola "Tokyo". Qua non parliamo di una studiata formazione "pop-rock" paracula, capitanata da un leader effeminato che spenderà 1000 euro al dì tra acconciatura, trucco e depilazione per far si che la sua immagine (di merda) faccia discutere e comprare.
Qui, in casa dei Tokyo Dragons, si suona rock vero, rigorosamente stagionato, ignorante, d'impatto e con una carica esplosiva non indifferente. Il loro debutto ("Give Me The Fear") del 2005 è stato un fulmine a ciel sereno. Un ottimo esordio-tributo verso AC-DC e Thin Lizzy tanto per intenderci. Musica scritta con il mero intendo di scuotere e fare la corte ad ogni apparato uditivo amante dell'hard rock più classico. Nel 2007 il baffuto singer-guitarist Steve Lomax, assieme alla sua combriccola, ci riprova.
Fortuna vuole che il sound non viene raffinato, limato, addolcito e patinato per cercare di raggiungere un maggior numero di ascoltatori. La band ha evidentemente ancora passione in quello che fa e se ne frega altamente se il riscontro commerciale non è esaltante, se rapportato alla loro indiscussa bravura nel rivangare il passato. In Gran Bretagna sono rispettati e sono sufficientemente giovani per credere che, continuando su questa strada, prima o poi riusciranno ad emergere. Anche in questo capitolo 0 ballate. 10 brani tirati potenti, ruvidi, brevi, ma intensi, che in sede live sarebbe uno spettacolo poter sentire. La produzione, affidata questa volta a Kurt Bloch, rende giustizia al sound sporco e pieno delle chitarre che non si esibiscono quasi mai in assoli particolarmente veloci e che risultano essere in perfetta sintonia con la voce rugosa e vissuta di Lomax. Aggiungeteci ottime backing vocals, riff possenti e quel pizzico di melodia nei cori, sufficiente a far si che rimanga in testa il motivo, ed il gioco è fatto.
I Tokyo Dragons sono quel tipo di band che puoi apprezzare in ogni momento della giornata perché non conoscono i preliminari, gli intro, gli outro, i break sinfonici, i finali pallosamente prolissi e le fulminee masturbate strumentali neoclassiche che vanno tanto di moda per esaltare i giovinastri adolescenti secondo i quali suonare la chitarra significa saper fare il tapping ultra veloce. Per i Tokyo Dragons queste sono stronzate. In "Hot Nuts" i britannici ci ricordano che in fin dei conti anche se siamo nel 2007 bastano 4 minuti a canzone, due chitarre, un basso, una batteria e tanta passione da urlare dietro ad un microfono per sfornare un disco energico e d'impatto. Per avere un riscontro con quanto scritto consiglio l'ascolto di "On Your Marks", "Keeping The Wolf From The Door", "Rock My Boat", "On Fuel" e "Ramblin' Jack".
Preferisco il debutto, ma poco importa. Quello che conta è che siamo sempre su quegli ottimi livelli. "Hot Nuts" in definitiva mi ha appagato in toto. Quattro stelle sono esagerate, lo so. Ma esageriamo per attirare l'attenzione su qualche giovane leva che merita!
Elenco e tracce
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