Malinconia: una sola parola per leggere la cifra di una artista eternamente borraccho, senza patria, anarchico ad ogni regola, perso in un passato che non passa mai, vittima di una voce che porta con sé il peso di un mondo intero. Una manciata di canzoni e tre cover per un album pubblicato dalla Virgin nel 2003 e passato praticamente inosservato. Un piccolo gioiello, una dichiarazione d'amore ad un'Italia che assomiglia molto a quella di Fellini, la voglia di prendersi un po' per il culo anche quando si ha il cuore a pezzi.
La Noria è la gioia e la disperazione della vita del bordello, un pastiche linguistico (spagnolo, basco, japonés euskeriko, inglese...) che canta le emozioni, le miserie, gli amori e le passioni di un mondo fuori dal mondo, quello delle case chiuse. Un universo che ognuno vive in maniera personale, intima, capace di lasciare dietro di sé senso di vuoto che trasforma l'euforia in silenzio. Carotone continua con La Caravana, un viaggio senza ritorno e senza redini sulla scia del nostro destino. La malinconia è sempre forte e a tratti sembra sfiorare la poesia, come quando si tratta di urlare la propria disperazione per una negra que no consiguo en un rincòn de la capital. La voce di Antonio De La Cuesta (vero nome di Carotone) è quasi un lamento rivolto sempre verso figure femminili che sono donne di carne (grazie alla sensualità della voce di Carotone sembra quasi di vederle, di toccarle), descritte in maniera tagliente con poche parole, accontentandosi di semplici sfumature. Gerundio è un paradossale inno al senso di inadeguatezza che siamo costretti a tenerci dentro, che ci toglie il fiato e ci fa sentire sempre fuori posto, fuori tempo. Ma c'è anche tanta autoironia, che scandisce il tempo delle pene d'amore del nostro Tonino, capace sempre di cantare se stesso e le proprie disgrazie amorose con il sorriso sulle labbra.
Splendide le cover, davvero. Sono Storia d'Amore (Adriano Celentano), Ragazzo di strada (I Corvi) e Sono tremendo (Rocky Roberts). Carotone gioca con la voce, con le pause e gli accenti, inventa un italiano sempre più pasticciato che butta fuori tutte le emozioni nascoste nei testi, urla le canzoni senza preoccuparsi troppo della forma. Per quanto riguarda la musica il discorso invece si ribalta completamente: non ci sono una nota né un suono fuori posto, gli arrangiamenti sono perfetti e ogni singola variazione rispetto alle versioni originali arricchisce il brano e lo personalizza in maniera inconfondibile. La voce di Tonino poi fa il resto.
Un disco che è un piccolo capolavoro, ideale da ascoltare da soli, lasciandosi andare ad un sorriso malinconico e compiaciuto, mentre riaffiora la nostalgia per i nostri amori perduti, sfiorati o anche soltanto immaginati.
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