Uno dei dischi più belli degli anni 60.

I Traffic sono ricordati per il blasonato "John Barleycorn Must Die" (1970), un classico del jazz-rock, ma anche un disco che, personalmente, trovo in gran parte accademico e manierista, incentrato com'è sui virtuosismi solisti e ancorato ai rigidi schemi della forma-canzone.
Tutt'altra musica, invece, nel loro sfolgorante esordio "Mr. Fantasy", uno dei capolavori del magico 1967. Qui non troviamo interminabili assoli, ma uno scrigno di idee, una più ispirata dell'altra; e non ci sono strofe e ritornelli convenzionali, ma piccole gemme della durata media di tre minuti, cangianti, imprevedibili, fantasiose e surreali, come solo Barrett all'epoca sapeva fare. Certo, rispetto al coevo "The Piper At The Gates Of Dawn" (al quale comunque "Mr Fantasy" va accostato, per il surrealismo che ispira entrambe le opere), manca una bella dose di acido lisergico, mancano i viaggi intergalattici, manca quel senso di follia latente che Barrett mimetizzava in aggraziate partiture; in compenso, troviamo una grande lucidità, una capacità non comune di racchiudere coerentemente in spazi angusti le più strampalate trovate armoniche.

A comporre questo irresistibile mosaico di suoni, colori, umori, capace di accostare sfumature malinconiche e digressioni ironiche, troviamo 10 miniature che si nutrono dei più svariati generi in circolazione all'epoca: blues, folk, jazz, rock, pop, soul, psichedelia, classica. 10 piccole architetture tanto geometriche quanto inafferrabili, tanto solide quanto evanescenti.

I Traffic erano tutti dei musicisti di gran talento, ma il loro leader era Steve Winwood (quello di "Gimme Some Loving", con Spencer Davis). Veniva dal rhythm'n'blues, come tutti gli altri musicisti britannici che emersero in UK a metà anni 60. Quando fondò i Traffic, portò questo suo bagaglio nell'economia sonora del gruppo e i risultati iniziali furono la scintillante staffetta di assoli di "Giving To You" e, soprattutto, "Dear Mr. Fantasy", forse il blues più celestiale dell'epoca. Pare di planare al di sopra delle nuvole: non è blu, ma azzurra la tonalità dominante in questo sereno volo pindarico. E' un brano in cui i Traffic dimostrano di non voler più fare il vecchio blues stonesiano, così viscerale e voluttuoso, ma di usare la "musica del diavolo" come uno dei tanti ingredienti di una ricetta sonora che rifugge ogni classificazione. Anche i Traffic, del resto, sono figli della mentalità "psichedelica", di un'attitudine a rompere gli argini e le barriere tra i generi. "Dealer" e "Utterly Simple" sono il loro tributo a uno dei territori più battuti all'epoca: il raga-rock. Sitar, flauti, orientalismi, esotismi: mandando a memoria i Baronetti di "Love You To".

L'elasticità della band è testimoniata dalla scioltezza con cui passano dall'ossessiva "Heaven Is In Your Mind", dilaniata dalle sincopi dell'inimitabile Jim Capaldi (uno dei batteristi più originali del decennio) alla triste, impalpabile "No Face No Name No Number", ballata dello sconforto capace però di acquistare pathos e redenzione nell'accorato ritornello. Pathos che dilaga invece, dall'inizio alla fine del brano, in "Coloured Rain". Ma i Traffic più gustosi sono quelli favolistici, barrettiani, infantilistici di "House For Everyone" e "Hope I Never Find Me There", innocenti, disneyani acquerelli capaci di anticipare di un'anno il medievalismo dei Family.

Il capolavoro però è "Berkshire Poppies": i Traffic sono arrivati al dessert del loro pranzo di Natale, sono belli pieni, c'è chi ghigna, chi chiacchera, chi rutta... intanto parte un valzer, qualcuno si offre di cantare e gli altri lo accompagnano battendo le forchette sui bicchieri... ad un tratto, il ritmo cambia e parte un corozzo da osteria, di quelli che richiedono livelli etilici sopra una certa soglia... poi tutto si ferma e si scatena uno sformatissimo assolo di sax... e la baraonda si conclude nell'euforia generale... Fantastica. Se i Butthole Surfers fossero nati 20 anni prima e fossero stati messi al riparo dalle situazioni di vita più degenerate (concedendosi, tutt'al più, un goccetto ogni tanto), avrebbero suonato esattamente come in questa canzone.

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