Da musicista jazz e quindi da “insider” di questo mondo, soprattutto per quanto riguarda l’Italia, mi è sempre venuto difficile parlare del lavoro di colleghi, amici, insegnanti, sicuramente un po’ per pudore ma un po’ anche perché la critica nel jazz italiano sembra essere sempre un po’ superflua, un esercizio di forma, come a dire “sì vabbè, in Italia ci sono cose carine, ma tanto le cose belle, quelle vere, le fanno gli altri”. Gli altri che una volta erano gli americani, e poi i francesi, poi i tedeschi, ora gli scandinavi: insomma, sembra quasi che non ci sia mai il nostro turno.
Sarebbe ora invece di accorgersi che è anche il nostro turno da diversi decenni, e che di cose belle, vere e importanti qui in Italia se ne fanno già da tempo, e forse basterebbe soltanto dar loro l’importanza che meritano.
Il pudore che ho nel parlare di questo disco è triplicato nel momento in cui il suo autore e interprete è per me la perfetta fusione di collega, amico ed ex-insegnante, ovvero Umberto Petrin, uno di quei jazzisti italiani che per l’appunto fa grandi cose ormai da tanti decenni. Ma nonostante il pudore, qualcuno di questo disco ne dovrà pur parlare prima o poi.
Della sua ampia produzione in piano solo, questo Particles è senz’altro il disco più riuscito, più bilanciato e più ricco. Al suo interno c’è posto veramente per tutto: c’è spazio ovviamente per brani originali, per l’immancabile Monk, per Cecil Taylor, persino per un tema dimenticato e meraviglioso di Tom Waits (I’m Still Here) e infine per il grande Stefano Benni, genio assoluto della narrativa e della poesia italiana che presta la sua voce e le sue parole in un’originalissima versione di Misterioso di Monk (i due in quegli anni hanno realizzato insieme lo spettacolo teatrale e dvd Misterioso, viaggio nel silenzio di Thelonious Monk, che consiglio fortemente).
In questo immaginario vasto e variegato, Petrin si orienta sempre con grande decisione, con profondo rispetto verso i compositori ma lasciando sempre una firma inconfondibile. Non è sicuramente un disco facile o particolarmente accessibile, è una musica che è vera e propria musica “d’arte”, che richiede un certo tipo di ascolto e di connessione, ma quando quella connessione viene cercata e attivata, Particles è capace di portare l’ascoltatore in una bolla, in uno spazio musicale dove non vige più alcuna regola se non quelle dettate dal suo interprete. Sensazione davvero rara e difficile da suscitare, e che rende questo album una vera gemma del jazz italiano contemporaneo.
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