Oltre, a parere del sottoscritto, di avere la cucina più buona del mondo ed un'effettiva attuazione dell'Agorà e ancora una meravigliosa e totale natura, la Trinacria, nel suo fardello di essere direttamente un triangolo, sforna il gruppo noise per eccellenza (che sforna a sua volta quest'opera definitiva) con una nonchalance che annichilisce tutti, in primis Steve Albini e John Peel.

Agitazione totale da parte degli "stranieri" che colgono inconsciamente quel quid risolutivo di una vita di "recherche" per trovare il rumore "perduto" che fa fiorire un'adorazione definitiva. L'aria del Mediterraneo, ecco cosa manca ai nostri fratelli occidentali, aria ancora pregna del passaggio delle navi cartaginesi, elefanti al seguito compresi, e della flotta romana nell'orrore del viaggio di quel non ritorno: "Carthago delenda est". La "porta" Uzeda si apre verso il mare d'altronde.

Il mare antico vomita indietro tutti i movimenti del flusso della sanguinosa storia trasformandoli in un sofisticato perdono cinico attraverso il ronzio elettrico di pineali collegate col chaos.
E quando un gruppetto di picciotti riesce a depensare il chaos in questo modo noi non possiamo fare altro che "baciare le mani" al riflesso di momenti passati quando si riusciva un tempo, insieme, a sollevare col pensiero i blocchi delle piramidi.

La "toccata e fuga" di meno di mezz'ora da parte dei catanesi ci risparmia danni psichici permanenti nel mostrare tutto quel po' po' di roba. La fuoriuscita lavica, che fa compagnia al magma dell'Etna, risulta compassionevole nel fermarsi ad un centimetro dai nostri piedi, ci bruciacchia l'unghia dell'alluce e ci lancia in un revisionismo noise finalmente investito di un barocco impersonale. La precisione chirurgica nello scavo interiore con strumenti (rock) invasivi è esaltante nel fare constatare la velocità di crescita animica che accelera l'ascolto di questi suoni dilatati. Immaginiamo Archimede, di queste arie nella tinozza immerso, esclamare giustamente il suo "EUREKA"!

E dunque sinceramente scritto dagli autori che il CD è "Dedicato a coloro che lottano per conservare il diritto di essere se stessi". Una macchina del tempo di reincarnazioni passate si risveglia e ci proietta nei campi di battaglia, nelle dispute, nei duelli esterni ed interni tendendo, con sommo casino dell'eternità, alla scomparsa. Il cantato di Giovanna Cacciola riflette una Sfinge svogliata che pietrifica a tratti con accelerazioni assenti, ma efficaci nello svegliare quella parte underground, fuori dalla "caverna", della nostra anima. Davide Oliveri, Raffaele Gulisano, Agostino Tilotta danno il definitivo "LA" a queste bordate sacrosante di nettare di libagioni afrodisiache nello stimolare rincorse alla "conoscenza".

E noi deglutiamo, deglutiamo tutto con un riverbero che solletica sugli incisivi la vibrazione millenaria della cicatrice del nostro labbro leporino. In sostanza una densa invisibilità di lampi che richiamano alle esplosioni solari che sentiamo abbronzanti, per nostra fortuna, ma che di rimbalzo ci destabilizzano al meglio instradandoci sulla "retta via" senza ausilî di creme protettive.

La proiezione cosmica è scorticante nel comunicare verità, lontana da silenti rincoglionenti meditazioni, un pozzo all'aperto ci inebria di effluvi alieni. Alberga qui un'impersonalità noise non derivata da devastazioni personali di cruenti attriti iniziatici del corpo con la vita. La parvenza di affinità con gangs newyorchesi è una consolazione nel mistificare confronti.

Nel suo depensamento c'è lo Spirito Santo di un noise che tende all'Aldilà dove la resa effettiva non si poggia su alcuna rincorsa a monetizzare ma insegue un vagabondaggio logico che ci indica la via per abbandoni ad una crescita effettiva di proiezioni omniscenti. Una "dissetante" cedrata è servita. "Ten Stars", of course...

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