Daniele Dominici (Alain Delon), un professore quasi quarantenne, gentile, malinconico e probabilmente depresso, diventa il nuovo supplente in un liceo di Rimini. Condivide la vita con Monica (Lea Massari), un’altra depressa, ma sembra più interessato a evadere dalla sua relazione che a coltivarla, trovando rifugio in un gruppo di perdigiorno locali tra carte, discoteche e festini.
A scuola, Daniele sviluppa un interesse quasi istantaneo per Vanina (Sonia Petrova), la studentessa più malinconica - e, guarda caso, anche la più carina. Qualcuno potrebbe chiedersi se quella “malinconia” l'avrebbe colpito altrettanto se Vanina non fosse stata così avvenente. La ragazza, nonostante la giovane età, sembra avere un passato oscuro, inclusivo di un ambiguo fidanzato Gerardo (Adalberto Maria Merli), un tipo losco che la scarrozza in Ferrari.
Tra uno scambio culturale a Monterchi e una festa deprimente in discoteca, la passione tra Daniele e Vanina cresce, anche se il loro rapporto sembra accelerato da un montaggio che pare restringere la vicenda nello spazio di una settimana o poco più. Quando Vanina viene spedita via da Rimini dalla madre, una convincente Alida Valli in versione megera, Daniele decide di seguirla, dopo un interludio amoroso turbolento in una malinconica baracca a bordo spiaggia. Ma la vita, sempre pronta a rimettere tutti al loro posto, non regala un lieto fine.
La trama non brilla per originalità, dato che di storie di sesso (o di amore?) tra insegnanti e studenti è piena la letteratura, il cinema e anche la musica rock (“Don’t stand so close to me”, tanto per citare un’esempio), e raramente queste vicende hanno un lieto fine, ma è parzialmente riscattata dall’ambientazione in una Rimini invernale, decadente e squallida. E, ovviamente, dal bellissimo Delon, il cui fascino inarrivabile è qui enfatizzato da un’aria stropicciata e da un cappotto di morbido cashmere che aggiunge un tocco irresistibile.
Punti a sfavore? Il tono eccessivamente sentimentale, morboso e ossessivo, con velleità culturali fin dal titolo, e una colonna sonora anni '70 che si fa notare per le stridenti - al limite dell’insopportabile - note di tromba e sassofono.
È il penultimo dei soli nove lungometraggi lasciati da Zurlini, un regista la cui vita e carriera sono state brevi, abbastanza per alcuni buoni film, tra cui questo, ma nessun capolavoro. Se siete curiosi di scoprire quanto Delon fosse bravo, questo film potrebbe essere un punto di partenza.
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