Eddie Van Halen è in cattive acque, allo storico vizio del bere si è aggiunto da tempo un cancro, da qualche parte nella sua testa. La sua energia, in lotta contro il male e per la sua salute non gli sta permettendo, per ora, di proseguire la sua grande carriera eccettuato che per sporadiche tournèe "di mantenimento" in USA.
Un pò mi manca. Non stravedo per la musica del suo gruppo, sento che le manca qualcosa sotto, dentro... la sento... spettacolarmente superficiale (o superficialmente spettacolare?). Mi sorprende, mi entusiasma ma non mi resta dentro, mi riempie lo stomaco ma non mi va nel sangue.
Lui però è un talento incredibile, un musicista naturale, nato per fare quello che fa, impressionante vederlo suonare, rilassato e sorridente mentre si prende delle improvvisazioni (ritmiche, anche e soprattutto) bestiali, senza sforzo, senza bisogno di concentrarsi. E' questo fatto che, al di là della tecnica e della velocità (oggi c'è di che sbizzarrirsi, per chi ci tiene, a nominare gente più funambolica di lui) fa di Edward Van Halen il più brillante. Ecco, è il chitarrista brillante per eccellenza, in tutti i suoi pezzi o prima o dopo accende la luce, rifulge, stupisce. Anche se gli altri tre del gruppo non è che siano dei pirla, anzi... l'orecchio però è tirato ad ascoltare lui, richiama continuamente attenzione... in assolo è talmente imprevedibile, ricco, padrone delle scansioni ritmiche e dell'armonia che anche in studio non ha bisogno di incidervi chitarre ritmiche sotto, bastano e avanzano i due tamarri al basso e alla batteria, del resto tanto precisi quanto rumorosi, il "tiro" del pezzo non ne soffre minimamente.
"OU812" è uscito nel 1988, alla voce c'è quindi Sammy Hagar, dotato di un centesimo dell'istrionismo che aveva il suo predecessore Dave Lee Roth ma, al contrario di questi, fornito di corde vocali al titanio! Urla da spaccarsi la gola ma la sua robustissima voce non lo lascia mai a piedi, dopo due ore di concerto è lì ancora a spaccare i timpani, che forza!.
I primi due pezzi dell'album sono condotti dalle tastiere, per le quali Eddie si era un po' fissato al tempo, ricevendone in cambio la grossa gratificazione del mega-hit (ora mega-classico) "Jump". Nel secondo di questi "When It's Love", una quasi ballata con ritornello agganciante e irresistibile, viene evitata una possibile immedesimazione con i Toto grazie alla voce grattugiante di Hagar ed al procedere granitico di Alex Van Halen, perfetto batterista hard rock senza compromessi. Per sentire della chitarra in primo piano bisogna attendere l'assolo. Al terzo pezzo "A.F.U. (Naturally Wired)" niente più tastiere e arriva il primo riff imperiale di Eddie, un suono da sballo e una naturalezza nel passare dalla ritmica agli assoli che solo Jimi Hendrix prima (e dopo) di lui. Hagar ci dà dentro a urlare il solito testo insulso con encomiabile fuoco ed a un certo punto va pure in unisono col chitarrista che sta prendendo l'assolo sugli acuti. Ora, l'unisono dei dieci Marshall sovralimentati e "a manetta" messi sicuramente in fila da Eddie nello studio con aggiunti gli urli di Hagar è una vera esperienza... rumoristica! Immagino il tecnico in studio come si deve essere divertito (coi filtri, a cercare di ammazzare le distorsioni)!
Ancora eccezionale la chitarra in "Cabo Wabo", un mid tempo nel quale Hagar pubblicizza questo posto sul mare in Messico dove belle ragazze te la danno mentre tu sei ubriaco di Mescal... diciamolo, i testi dei Van Halen non brillano come le chitarre, se non altro prima li cantava un tizio con formidabile faccia da paraculo e congruo fisique du role! "Source Of Infection" è veloce e vede il Maestro giocare da par suo in tapping su un'unica corda. L'ha certo presa da Paganini e da Steve Hackett questa benedetta tecnica del tapping ma lui, scusate se insisto, è più brillante di lor signori ad applicarla. Il fratellone alla batteria provvede a rendere terremotante l'effetto generale con una vigorosa doppia cassa, il bassista non perde una nota, questo Mike Anthony avrà pure la faccia pacioccona ma è un musicista rock con le palle! Nel traffico veloce del brano resta poco spazio per il buon Sammy, che urla degli "Yeah", "Uuuuh", "Hey!" e poco altro, non c'è tempo per frasi concettuali!
In "Feels So Good" tornano a imperare le tastiere, per una piece di relativa calma. Hagar qui si professa in carenza di donne ed affida il suo messaggio corteggiatore a una bottiglia... poi canta che si metterà in riva al mare ad aspettare... "Finish What We Started" vede per una volta l'elettrica suonata con un timbro pulito, non per questo viene meno il piacere di ascoltarla e il "tiro" dell'esecuzione di Eddie. L'assolo è breve ma sorprendente (e dai), originale e (uffa) brillante. C'è anche un'acustica al lavoro sull'altro canale, ma solo per "riempire" un po', nulla di stravagante. "Black And Blue" è invece un semi-blues strascicato, gonfio. Sammy è alle prese con le solite sue donne... "Facciamolo, finchè siamo Nero e Blu"... incurabile, infatti nel successivo e ultimo "Sucker in a 3 Piece" se la prende con una (a cui dà testualmente anche il voto: 9 su un massimo di 10!) che non lo caga perché gli piacciono solo i "ciucciacazzi in panciotto" (traduzione del titolo). E vabbè...
L'ultimo pezzo è una cover di Lowell Gorge (talentuoso chitarrista ubriacone pure lui) con suoni e volumi assai più convenzionali e non spinti come nel resto del disco. Eddie vi suona una slide molto ortodossa, in omaggio al grande Lowell, che in materia di slide fu uno che spostava.
Lunga vita ad Edward Van Halen, musicista imprescindibile per qualsiasi rocchettaro al mondo, e che possa presto tornare a farmi spendere soldini per un nuovo CD del suo gruppo.
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