BORN TO FIGHT (1986, DURIUM)

Esistono LP che, quasi per magia, finiscono per incarnare un’epoca in maniera di gran lunga più profonda ed autentica di molti testi o documenti, in cui si rischiano di perdere nel tempo quelle emozioni che hanno caratterizzato certi anni. Spesso viene a crearsi un’alchimia del tutto singolare fra i singoli componenti di una band, uno status che pone ogni musicista sulla stessa lunghezza d’onda e permette al collettivo di fotografare la realtà del periodo con una sensibilità ed una sincerità tali da riuscire a cristallizzare il tutto. Certe sensazioni sono destinate a conservarsi nel tempo, preservate fra i solchi di un vinile e pronte a coinvolgere nuove generazioni ed inguaribili nostalgici nel loro universo sospeso nel tempo.

Sono trascorsi più di quindici anni dalla pubblicazione di “Born To Fight”, ritenuto dai più il miglior lavoro in assoluto partorito dai Vanadium, ma questo disco riesce a sprigionare, oggi come allora, un feeling ed un calore che hanno dell’incredibile. Ogni nota di questo album racchiude precise sensazioni legate a quegli anni, un periodo che, per motivi anagrafici, posso rivivere solo filtrando i miei ricordi di bambino, ma che, in una visione piuttosto idealizzata, rappresenta i giorni in cui la realtà mi appariva ancora come un qualcosa da scoprire giorno per giorno. La metà degli anni ’80 ha rappresentato l’avvento di certe correnti musicali come il glam rock ed il thrash metal, ma anche l’affermazione definitiva di questo tipo di musica nel nostro paese, dove l’orologio si era fermato ai primi anni ’70 ed il genere imperante era quello della canzone popolare dei vari Pupo e Morandi. La passione e la dedizione alla causa del rock'n’roll, da sempre caratteristiche dei Vanadium, fecero si che, in quel periodo, fossero proprio loro a dimostrare che in Italia non si viveva soltanto di stornelli e canzonette, ma che, anche nella penisola, era possibile realizzare opere importanti in questo genere.

Se già con “A Race With The Devil” e “Game Over” la band milanese aveva dimostrato ampiamente le proprie capacità, ottenendo un successo impensabile dentro e fuori dai nostri confini, è grazie a questo “Born To Fight” che Pino e compagni entrano definitivamente nella leggenda. Registrato sotto l’egida del producer Lou Austin, responsabile dell’esplosiva resa sonora degli album di Deep Purple, Queen, Thin Lizzy, Judas Priest e MSG, ai Ridge Farm Studios di Londra, il lavoro viene poi mixato ai Regson Studios di Milano. Il quintetto meneghino realizza, per la prima volta nella sua lunga e gloriosa carriera, un album in terra britannica, la patria di tutte le band che hanno da sempre influenzato il suo sound, vale a dire, oltre ai già citati Deep Purple, i Led Zeppelin, i Black Sabbath, i Pink Fairies e molti altri ancora.

Già dalle prime note dell’opener “Run too fast”, caratterizzata da una solenne intro organistica, in grado di fondere atmosfere futuristiche e suggestioni epiche, si comprende che “Born To Fight” è un disco fuori dal comune. La voce di Pino morde a fondo, supportata dall’aggressività della song e trainata da un incedere micidiale della chitarra, affiancato ad un ottimo gioco di tastiere. La successiva “Still got time” riesce a dipingere un quadro urbano tipico degli anni ’80, affrescato i maniera impeccabile dai riff di Stefano Tessarin, protagonista di un guitar–solo centrale da brividi. “Before it’ s too late” è una song tirata, con una sezione ritmica indiavolata ed uno Zanolini protagonista di un lavoro mirabolante alle tastiere. Questo pezzo rappresenta un inno alla voglia di vivere ed al coraggio di affrontare fino in fondo le proprie scelte. Giungiamo alla meravigliosa power ballad “Easy way to love”, nota soprattutto per essere stata utilizzata come sigla del programma televisivo Discoring ed estremamente significativa, poiché, insieme a “You Can’ t Stop The Music” (inedito contenuto nel precedente album dal vivo “Live On Streets Of Danger” ), rappresenterà per molti anni l’unico esempio di videoclip girato da una heavy rock band italiana. Le riprese del video furono effettuate allo storico Marquee di Londra, un locale che rappresenta la meta ideale di ogni rocker. Un arpeggio divino ed un meraviglioso preludio tastieristico in apertura fanno correre ancora una volta caldi brividi lungo la schiena dell’ascoltatore, mentre il timbro della voce di Pino Scotto si addolcisce per meglio adagiarsi sui riff ragionati di Tessarin, che nel finale sembrano dialogare teneramente con le vocals del cantante. Mai ruffiana, ma sempre ammantata da un feeling ed un dinamismo inarrivabili, che ne dilatano al massimo l’intensità, “Easy way to love” si estranea da ogni cliché caratteristico delle rock ballads.
A seguire (o, se preferite, voltando il vinile…) troviamo “I was born to rock”, traccia che rappresenta il manifesto dell’album stesso e che diventerà una delle song simbolo dei Vanadium. Scatenata nel ritornello e tagliente nel suo riffing, rappresenta un’evidente dichiarazione d’amore per il rock'n’roll. Si prosegue con la cover dei Deep Purple “Never Before”, un electric–boogie favoloso che unisce sapientemente il classico rock anni ’50 ad efficaci cori beatlesiani, improntando il tutto sul tema della femme fàtale. La successiva “Ridge farm” è un pezzo interamente strumentale, una cavalcata ritmica con cambi di tempo continui, che glorifica definitivamente tastiere e sezione ritmica. “Arms in the air” , invece, presenta un’unione carnale guitar–keyboards che introduce un assalto all’arma bianca della batteria di Lio Mascheroni: il testo è semplicemente un grande tributo alla musica suonata col cuore, peraltro già abbondantemente onorata dai cinque nel resto del disco.

A distanza di anni questo album continua a stupire per la potenza e l’energia in esso contenute e rappresenta, ad oggi, uno degli episodi di punta dell’hard nazionale. Il livello generale delle composizioni si assesta su altitudini vertiginose, supportato anche dalla produzione old style, ma sempre solida ed impeccabile di Lou Austin, così da rendere questo disco un autentico capolavoro.

“Born To Fight” è il simbolo dell’attitudine dei Vanadium e della loro classe, ma soprattutto è un album che dà un senso compiuto alle due parole rock ed Italia, fino al momento della sua pubblicazione concetti apparentemente inconciliabili. Semplicemente meraviglioso.

(Enrico Rosticci)

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