Come già fatto con il concept precedente anche stavolta i Vanden Plas fanno uscire la seconda parte l’anno dopo la prima. Nel 2019 era uscita la prima parte di “The Ghost Xperiment” intitolata “AwakenIng” ed ecco che nel 2020 esce la seconda intitolata “IIIumination”; due titoli scelti praticamente ad hoc, entrambi contengono rispettivamente i numeri romani I e II ad indicare la prima e la seconda parte del concept, sembra siano stati scelti apposta per contenere i due numeri.

La musica comunque non cambia di una virgola. I Vanden Plas rimangono un nome di punta del progressive metal più classico, quello che non si prefigge di andare oltre, che resiste alle innovazioni e resta nella propria comfort zone. La band si dimostra sempre piuttosto forte ma conferma il momento di non proprio massima ispirazione. Le impressioni avute con “AwakenIng” restano tali anche in questo seguito.

Ancora una volta la band punta su pochi brani (7 ai quali va ad aggiungersi una bonus track) di durata consistente, ma anche stavolta gli stessi non risultano sviluppati a dovere, ancora una volta si ha l’impressione che risultino eccessivamente annacquati, allungati quando non era necessario, manca anche qui il coraggio compositivo e la varietà che ci si aspetterebbe. Emblematici risultano “When the World Is Falling Down” e “The Lonely Psychogon”, due bei baluardi rocciosi di metal gotico e melodico che però si limitano a ripetere quel mix di potenza e melodia per quasi tutta la durata senza scomporsi più di tanto, hanno passaggi interessanti ma piuttosto limitati, gli assoli sono belli (quello di tastiera della seconda citata è splendido) ma sembrano inseriti a forza per allungare il brano, come se volessero dimostrare di osservare gli stilemi del genere che prevedono brani lunghi.

L’allungamento più inutile è però quello di “Black Waltz Death” - un bellissimo brano melodico a metà fra il gotico ed il sinfonico e con poco metal - dove per interminabili minuti viene ripetuta la stessa sequenza di quattro accordi. “The Ouroboros” ha senz’altro di più da offrire, è un brano dai due volti, lento e cullante nella prima parte, pestante e con eleganti ricami nella seconda, ma anche qui non ci si risparmia una certa prolissità di fondo, con parti che vengono tirate un po’ per le lunghe. Il brano migliore, meglio strutturato e meglio compiuto è in ogni caso “Fatal Arcadia”, dove momenti duri e momenti di tranquillità, momenti più veloci ed altri meno si alternano con la disinvoltura dei vecchi tempi.

Morale della favola? I Vanden Plas stanno componendo brani da 8 minuti avendo però le idee per brani da massimo 5, non a caso i due brani più brevi “Under the Horizon” e la dignitosa ballata “Ghost Engineers” non soffrono di questo problema. A mio avviso i tedeschi farebbero bene a fare un disco di brani brevi e potenti ma ben focalizzati, anche perché quanto a potenza non c’è nulla da rimproverare alla band; si tratterebbe di una sterzata più commerciale e meno prog ma ad un certo punto della carriera ci starebbe anche e susciterebbe sicuramente più interesse.

Ma alla fine è sempre onestissimo e dignitoso prog-metal, per il sottoscritto è come una bella fetta di torta, non sempre ti viene al meglio ma è pur sempre una fetta di torta e non la rifiuti mai.

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