La scelta della musica in funzione dei bioritmi vitali e naturali.
 
Io l'ho sempre pensata così. Non è un caso che in questo periodo abbia ripescato tanti dischi "estivi" che non ascoltavo da tempo, in fondo l'estate è alle porte.

Tra questi mi sono ricapitati tra le mani tempo fa i Vanilla Sky, band capitolina di pop-punk, di cui all'epoca avevo apprezzato "Changes", tralasciando poi il resto.
E ora è tempo di pescare "Waiting for something", della serie dove tutto iniziò...o quasi visto l'ep!

Questo genere o si ama o si odia, verrebbe da dire. Ma vi sono anche delle gradazioni di colore e di sopportazione delle melodie. Il punto di forza di questo disco è nell'avere si melodie accessibili e ritornelli da imparare dopo qualche ascolto a memoria, ma rispetto ad altre uscite analoghe vanta una produzione e dei suoni non plasticosi e fastidiosi. Non un disco minimale certamente, ma tutt'altro che ricoperto di glassa in fase di produzione, dovuta anche al buon lavoro della Wynona. Insomma un disco da riascoltare e che non stanca con gli ascolti.

Il disco si apre con il loro cavallo di battaglia "Distance" che nel riff rimanda vagamente ad un'altra canzone, di cui lascio a voi scoprire l'identità.

Ma il meglio è in divenire: "In your words", "Unfriend" vigorosa nelle strofe per poi rallentare all'altezza dei ritornelli, l'hardcore melodico della gustosa "Wait for the sun" che osa un breve passaggio in screaming sul ponte, la dolcezza di "Looking for memories", i violini, le chitarre acustiche e le atmosfere romantiche di "Broken Car" e i cambi di ritmo di "The point" probabilmente la migliore. Chiude il tutto un esperimento se così si può definire "Ghost track" dove i Vanilla Sky osano di più spingendosi oltre la barriera del pop-punk e inserendo una voce più cattiva e chitarre dalle sfumature metalliche.

Esordio col botto di questi ormai (ex) ventenni, ora cresciuti ma che non hanno perso il vizio a distanza di anni di scrivere canzoni immediate e divertenti.

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