Atto definitivo della filmografia di Stanley Kubrick,"Eyes Wide Shut" si presenta come pellicola depositaria, pur involontariamente, del complesso pensiero del regista americano, prodotto cinematografico che a differenza di "Artificial Intelligence", poi confezionato da Spielberg, si pone come testamento spirituale inconsapevole della summa kubrickiana.
E' così anche il punto di arrivo delle ricerche musicali dell'americano, che ormai avvezzo alle più svariate esperienze musicali classiche e non (si pensi a "2001: A Space Odissey" con colonna di Richard e John Strauss Jr., o all'ormai celebre Nona di Beethoven in "Clockwork Orange"), realizza un'impalcatura musicale sospesa tra blues, ambient e classica, in un collage colmo di sincretismi melodici che sfuggono più di una volta a definizioni rigorose.

L'edizione in circolazione, distribuita dalla Wea, si compone di quattordici tracce, pezzi complessi che conducono l'ascoltatore in una dimensione a-spaziale e a-temporale, ove si presume che il discorso musicale sopravviva al di là del film cui è indissolubilmente legato, "concept-album" composto da studi sulla dialettica acustica e semantica. Esplicative da questo punto di vista le composizioni dell'ungherese György Ligeti: la sua "Musica Ricercata", performata al solo piano quasi unicamente ad una mano introduce l'uditorio in una realtà ultrasensibile che, slegata dai tradizionali contesti melodici, affida il messaggio musicale alle dilatate sensazioni di stasi tra una battuta e un'altra: fredda e impalpabile, la sua esecuzione strania l'ascoltatore ponendolo nella condizione di aporia fisica e intellettuale. La sensazione di a-temporalità passa senza colpo ferire attraverso le splendide esecuzioni di Jocelyn Pook, compositrice belga già nota al pubblico dei cineamatori per molte delle sue precedenti collaborazioni musicali, qui autrice di tre brani riarrangiati ad hoc e un inedito, la tetra "Masked Ball", la paranormale "Migrations", le orchestrali "Naval Officer" e "The Dream".

"Auov uad auon acnurop ias iicinecu ertac iulunmod asiz", così recita il leit-motiv di "Masked Ball", quando in riferimento al film un imbarazzato Bill Harford (Tom Cruise) assiste alla scena di iniziazione di mascherate ragazze senza veli: scena profana e profanante, se si pensa ai riti orgiastici che ne conseguiranno, e per questo magnificamente colta da Kubrick, che affida alla Pook l'incarico di riprendere una sua precedente composizione del '97, "Backward Priests"; attraverso di essa l'autrice belga traduce l' effetto di accostare all'osceno pragmatismo sessuale la sacralità di un canto religioso: se leggiamo difatti da piè a cima l'estratto verbale coglieremo il testo in bizantino di un canto sacro performato da preti rumeni: "Zisa Domnului catre ucenicii sai... Porunca Noua dau voua", un tradizionale invito alla preghiera, se volessimo tradurre, ma di fatto, nel contesto della scena e comunque al di là di essa, ha, recitato al contrario, un piglio esecrando e diabolico.
Rinnovato nel bridge da un altro excerptum dello stesso Canone Bizantino, stavolta interpretato da una voce più limpida, il brano trova continuità nel successivo "Migrations", di accompagnamento allo scenario della consumazione dell'orgia: dopo una serie di grane censoriali per via dell'inserimento nel testo di estratti dal testo sacro del Bhagavad Gita, procedimento ritenuto offensivo dalle rispettive comunità Hindu mondiali, si presenta, seppur epurato, in veste orientaleggiante e vagamente blasfema: sostituiti i versi sacri originali, stride comunque in maniera palese con l'esuberanza sessuale della scena.
Di bella esecuzione i blues jazzati di "Blame it on my Mouth" e "If I had you", come di grande effetto è la versione strumentale di "Strangers in the Night" ad opera della Peter Hughes Orchestra; ancor più incisiva l' esecuzione pop-rock di Chris Isaak, che con "Baby Did a Bad Thing" accompagna la sensuale scena di amore allo specchio tra Signore e Signora Harford (Tom Cruise e Nicole Kidman): da ascoltare senza apprensione alcuna. Da citare ovviamente, infine, il celebre "Waltz n.2 from Jazz Suite" di Shostakovich, che ad inizio e a chiosa del film, conchiude in maniera esaustiva un discorso musicale che non può mai fare a meno, nell' intera produzione kubrickiana, dell'elemento classico.
Bella confezione davvero, l'ultima, è da ricordarlo.

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