Verdena live. Come lo scorso luglio alla Cascina Monluè, ma mooolto meglio.
Partiamo dal giorno: venerdì 13, "il giorno delle streghe, Angie"... O partiamo dal locale, il mitologico Live Club di Trezzo d'Adda, uno di quei posti (mi viene in mente il Jail di Legnano) finora letti solo sullo ZeroDue, e adesso a portata di macchina. Ma magari partiamo da casa di Ransom, dove il nostro autista e Pedro già aspettano con le birrozze in fresco. I biglietti ci sono, si parte. Tappa a casa di Vittoria, una che per rendere l'idea ha già il lasciapassare per i Queen of The Stone Age, e via sulla la Milano-Bergamo, per una volta clemente e sgombra quasi fossero le cinque di mattina.
Arriviamo in vergognoso anticipo, delusi con noi stessi dal non essere riusciti a sbagliare strada, ci acclimatiamo consumando l'ingente riserva di luppolo e THC portata alla bisogna, ringraziamo il porchettaro - che in provincia, si sa, c'è più gusto - e poi coda. Benedetta coda... Saltiamo in un tempo ragionevole un buttafuori che si bulla per le sue antiche gesta nei locali più yeah della Riviera Romagnola (uno ‘sticazzi di Ransom riscuote pubblica approvazione) e via dentro. Il gruppo spalla (chi? boh) sta per finire, il tempo di ingollare una doppio malto, perdermi a ripetizione, ritrovare proprio chi avevi intenzione di ritrovare, confermare che "va benissimo se ci troviamo a sinistra" e poi Verdena.
Reggo un paio di pezzi - forse - defilato, poi smentisco quasi troppo prevedibilmente i miei sproloqui riguardo a un placido concerto dall'ultima fila e mi fiondo in mezzo. Come a luglio, il pogo ai Verdena lo fanno i sedicenni, quindi mi sento un po' coglione un po' vecchia volpe in mezzo ai pischelli, fatto sta che sul palco Luca pesta come non esistesse domani. E' migliorato in maniera impressionante, e mi pare migliorato anche Alberto, magari non a livello di voce - quella ha e quella si tiene, mi sa - quanto nelle parti di chitarra, per una volta veramente precise anche su cambi di tempo e tonalità. Intanto dentro al Live si toccano temperature inumane, pogo felice con mille ragazzini, la majetta arrotolata in una tasca dei jeans, gli occhiali dentro al chiodo più inutile della storia, gli occhi ora sulla robi, che non alzerà la testa fucsia dal basso per tutto il concerto, ora a sinistra, e a sinistra va benissimo. Mi ripresento a chi vorrei ripresentarmi, sfigurato da tre quarti d'ora di Viba, Valvonauta, Muori Delay, Canos (una spanna sopra tutte, con tanto di chilometrica coda pseudo-sperimentale), Luna e la chicca Starless, suonata se possibile ancor più rabbiosa che su cd: sulle prime neanche mi si riconosce, sfigurato dalla mattanza come sono, poi è una messe di risate, di foto all together, di birre chieste per finta...
Gli scorpioni colpiscono in un attimo, non c'è che dire, e quando vogliono lasciano il segno. Intanto quei tre lasciano il palco, e mi sembra passato un quarto d'ora dall'inizio del concerto. Tornano per un paio di bis, ma ormai il trionfo è in cassaforte. Venerdì 13 non è un giorno come tanti. Né i Verdena sono un gruppo come tanti. Full stop.
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