Quant’ è difficile recensire male il live di uno dei gruppi che più gradisci.

Se poi il gruppo si chiama Verdena e se quest’anno hanno in programma soltanto due date in Italia, allora si fa veramente durissima. Tant’è, la stupenda Cascina Monluè ne ha viste tante e sopravviverà anche a questo, sicuro.

Più arduo sarà mandar giù il rospo di questa hubris consumata di fronte a un pubblico adorante, pronto a volare su suicidi di samurai e lune che fanno male, trovatosi invece davanti a un’orgia di cover che neanche alla balera miramare di bellaria.
Ok, ok, guardandola dalla prospettiva giusta si dovrebbe scrivere di un omaggio al pantheon che da sempre ispira la migliore rock band italiana da un paio di album a questa parte, si dovrebbe decantare la precisione (sempre chirurgica, va detto) di Albi Luca e della strafottentissima Robi su corde piatti e rullanti, si dovrebbe magnificare la potenza che i tre bergamotti effondono senza risparmiarsi mai...

Il discorso è che, per una volta, i verdena hanno suonato per sé, si sono fatti i cazzi loro, avranno pure goduto come i ricci, ma tutto mi sarei aspettato a un loro concerto tranne che vedere il loro pubblico fermo, braccia conserte, labbra serrate, a fissarli e a ondeggiare di tanto in tanto la testa. Troppe cover, punto e basta.
Un paio di pezzi per ogni loro cd (luna dal vivo rende sempre meglio, anche questo va detto), e un’ ospitata d’eccezione per ricordare un uomo eccezionale: bugo alla chitarra acustica a suonare "flaming", uno dei pezzi più belli scritti da syd barrett per 'the piper at the gates of dawn'. E in tutto questo mart è pure riuscito a cadere in mezzo al pogo.

Mah, rivedibili entrambi.

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