Il fascino dei contrasti... la bellezza dei contrappunti...
Virginia rodrigues è quanto di più lontano possa esserci dal mio mondo. La mia ostinata ricerca del bello assoluto, infatti, mai avrebbe potuto indirizzarmi verso questa non proprio filiforme chanteause scalza di Salvador de Bahia. Eppure ogni tanto bisogna seguire l'istinto. Fu così, quindi, che stringendo a due mani lo spaurito pulcino nero, rischiai il baratto, lasciando ben più incantevoli fringuelli agitarsi fra le scansìe del centro commerciale (mai luogo è più inadatto di questo, per certa musica).
Beh devo riconoscerlo: ero più temerario, soprattutto se si considera che allora (a.D. 2000) la rete più che darmi possibilità di fuga e ricerca, mi imbrigliava con la sua, per me, ostica dialettica.
In questo caso il timore di aver osato troppo si palesava anche sottoforma di una radicata e testarda, nonché compiaciuta ignoranza nei confronti di un universo, che ancora oggi osservo con superbo, ma rispettoso, distacco: quello della musica sudamericana. Fino all'altro ieri, infatti, ho creduto che Adtrud Gilberto fosse un uomo (sigh!) e che Caetano Veloso fosse un musicista qualunque. Beh non che ora sappia molto di più di lui. Anzi una cosa la so: ha prodotto questo album splendido oltre che prestato la voce in una canzone (Jeito Faceiro).
Tolta la dichiarata incompetenza in materia tropicalia, potrei fare un po' di cenni biografici su Virginia, raccontarvi delle sue umilissime origini e del caso che l'ha portata fra le braccia di Veloso, del fatto che prima di questo album vi era stato "Sol Negro", che tuttavia non conosco, pur sapendo che ha avuto enormi riscontri.
Non lo farò. Mai come in questa occasione mi rimetto a tutti i conoscitori debaseriani, i quali potranno, attraverso commenti più dotti, aiutarmi a capire come possa una donna così "di sostanza", così ancorata alla propria poverissima terra, riuscirere a librarsi e a far librare chiunque (sfido) con la sola progressione armonica di trentacinque secondi di cantato. (ascoltasi sample: "Salvador nao inerte" ). Oppure dirmi dove risieda il segreto del riuscire ad essere così penetranti, evocativi nell'uso di strumenti semplici, artigianali (calimba, bottiglie, percussioni locali). Di una registrazione che appare compiuta per strada, là dove Virginia era solita esibirsi.
Oppure è sufficiente farsi conquistare dal senso di pace e leggerezza che la stessa copertina comunica. Come a dire: questa è casa mia, accomodatevi.
Io, ad ogni ascolto, resto, oggi come ieri, assolutamente affascinato.
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