PREMESSA: l'album in questione è un concept-album. Di conseguenza è doveroso stendere un resoconto sulla storia che è alla base dello stesso. Ragion per cui inizierò le cose così.
IL CONCEPT: anno 2043, un ingegnoso biologo, Arnaldo Mattei, sorprese il World Medicine Congress mediante una scoperta che avrebbe cambiato per sempre le cose. Dopo aver passato una vita alla ricerca della chiave per decifrare il codice genetico del DNA umano, Arnaldo decifrò il codice citato e, insieme al suo entourage, riuscì a capire la ragione per la quale le cellule umane, ad un certo punto, cessano di riprodursi ed invecchiano fino a morire... Ovvie le conseguenze; Mattei avrebbe potuto ora intervenire direttamente sui geni per curare le malattie, forzare le cellule in modo che continuassero a rigenerarsi ed in modo che si potessero curare, garantendo all'essere umano il dono più ambito: l'immortalità... Ecco creata, insomma, la Macchina Perfetta. L'ALBUM: non credo sia doveroso passare al setaccio ogni singola track. questo, perchè, finirei con lo scrivere una recensione ancor più chilometrica delle mie solite recensioni. Però, è anche vera, una doverosa considerazione. Ovvero, quella secondo la quale, nel power 8e specie nel progressive-power) ci sia solo "monnezza" in quantità industriale. Ed è vero, purtroppo. Ecco perché, quando ascolti album del genere, non puoi che farlo a testa alta e rimenarne fiero. Fiero perché è, finalmente, un disco con tutti gli attributi al posto giusto. Fiero, ancora, perché è un disco italiano al 100%. E, se noi italiani, oltre che alla pizza e agli spaghetti, siamo in grado di dar vita a opere magistrali simili, allora, dobbiamo ritenerci davvero fortunati e camminare a testa alta, senza vergognarci di nessuno (ehi! Non per niente la Coppa del Mondo l'abbiamo portata a casa noi, mica bau-bau, micio-micio....).
Scherzi a parte, la prima cosa che balza agli occhi è la suddivisione dell'opera in 9 tracce, anzichè un'unica track com'era accaduto col precedente 8bellissimo) "Stream of Consciousness (2004)" il quale ci aveva mostrato, oltre che un affermazione pienamente preparata ed un Olaf totalmente maturo stilisticamente e musicalmente parlando, un ottimo "new entry" Michele Luppi che aveva sostituito l'oramai for ever Rhapsody-iano Fabio Lione. Michele mostrò grandi doti tecniche e canore, tali da entusiasmare favorevolmente critica e pubblico. E, qui, si supera assieme a tutta la band. Torniamo al disco. L'opera, nelle sue track, è meno lineare del precedente lavoro, più progressive da questo punto di vista. Ma non per questo meno assimilabile. Olaf si concentra nel costruire songs che abbiano come unico fine riuscire a far trasparire ciò che, effettivamente, egli ha interiormente, la sua sofferenza, il suo dilemma, il suo travaglio. E, minchia, ci riesce.
L'opener è una killer-track, davvero ben riuscita e ci illustra la storia dal principio. Il nostro medico che, avendo scoperto la medicina miracolosa, decide di sperimentarla su suo figlio malato. E ci riesce. La cura viene esposta al mondo intero e Mattei ottiene tutti gli onori e le palme che, a tal genio, van conferite .
Si passa alla successiva "The Ancestors' Blood" nella quale si analizzano le considerazioni sull'essere, o meno, immortali. E' ovvio che la risposta è scontata: dopo un longo travaglio interiore, la scorciatoia è sempre preferibile alla strada lunga e tortuosa. Ma si, diventiamo immortali. Ma ciò, alla razza umana, costerà caro. Il prezzo sarà quello della chiusura dei cieli ("God is Dead") da parte di Dio ed il rifiuto della razza umana, oramai pienamente conscia di aver raggiunto il suo paradiso (l'immortalità sulla Terra) ed il suo sogno. sostituitisi a Dio farà bene? Lo scopriremo solo durante l'ascolto.
Trascorrono altri 4 mila anni sulla Terra e, il mondo, oramai, ha tutto ciò che desidera. Vita eterna. Bello no? Sembra proprio di no. Eppure Dio ci aveva avvertiti, povere anime in pena di noi stessi. Quali obiettivi porci se, oramai, non abbiamo più alcun limite? Perchè rincorrere l'amore se, oramai, possiamo amare come, quanto e, soprattutto, quando ci pare? Perchè rimpiangere, aquesto punto, l'amore (o gli amori) perduti se possiamo immediatamente consolarci con uno nuovo? Ecco il limite della vita eterna. La vita eterna ha il limite nella sua stessa essenza, in quanto tale.
Limita l'uomo nella sua immensità ed interminabilità, per quanto assurdo questo possa sembrare. Eppure, così assurdo, alla fine, non è. Ed è nella emozionante "Here in 6048" che traspare, oltre al travaglio interiore di Mattei e di suo figlio, quello di Olaf che, in una toccante ballad (le lacrime stentano davvero ad essere trattenute) che si scopre che il 6048 è un mondo vuoto, anche se pieno di immortali. E' questo il mondo vero, il nostro paradiso, la Terra Promessa? Evidentemente, no. Ed è così che, dopo 4 mila anni, Dio si manifestò ancora agli uomini ("ve l'avevo detto, io.....") e spiegò il fatale errore umano che era (ed è) alla costante ricerca dell'eterna giovinezza: impossibile trovarla se non con le emozioni.
E siamo alla fine ("Now that You've Gone"): la razza umana, oramai, ha pienamente capito il suo errore. Essere schiava di se stessa e dei suoi sogni pazzoidi. E, per finire, si ritorna alle origini, con il concepimento di un bambino, una nuova anima innocente in questo mondo pieno ma vuoto esistenzialmente. Siamo all'alba di una nuova era....
Musicalmente il disco è ineccepibile. Si alternano momenti tipicamente power (la title track iniziale) a momenti più progressive ("Here in 6048") reminescenti di Dream Theater-iana memoria. Inutile analizzare al microscopio le singole track, perchè sono sempre sopra le righe e sono capaci di trasportare l'ascoltatore lungo il loro cammino nel concept. L'apice, comunque, si tocca nella tripletta finale e, in particolare, in "The River" e "Now That You've Gone" laddove il nostro buon Michele Luppi si supera sfoderando una prestazione vocale al di la di ogni ragionevole dote umana, riuscendo d essere versatile all'inverosimile, oramai pienamente conscio delle sue doti canori, modulando alla perfezione le sue corde vocali. Che altro? Devo dirvi che Olaf è un chitarrista che non ha bisogno nè di presentazioni nè di commenti alcuni? Che riesce a trasmettere un gfeeling tutto particolare, grazie alle sue composizioni sovraumane (ed inumane), ora tendenti al power tout-court, ora al progressive, ora a sfuriate thrash (addirittura? Si, addirittura!).
Well, se avete ancora dubbi, vale la mia regola: la copertina. Splendida. La copertina m'è sempre stata una garanzia ("Ride The Lightning" docet). Com'era meravigliosa anche quella del precedente concept-album della Visione Divina.
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