"Reditus Coscientia", il ritorno alla consapevolezza, o alla conoscenza, come volete, è uno dei titolo più azzeccati nell'intera storia del Black Metal, perché da solo, anche senza l'ausilio di spiegazioni o di particolari interpretazioni riesce a rendere giustizia ad uno dei concetti più significativi della vita, di sicuro, ci metto la mano sul fuoco, il più importante nella vita di un "blackster" (sempre che abbia senso usare etichette del genere, ma io comunque ne vado fiero).

Gli italiani Visthia giungono alla loro prima uscita sulla distanza con questo album, anche se la loro origine è da ricercarsi indietro negli anni, addirittura nello scorso millennio; i membri del gruppo, di cui si sa pochissimo peraltro, devono la loro maturità alla lunga presenza nel mondo della musica, addirittura alla fine degli anni '80 secondo quello che ho avuto mondo di leggere in rete. Tutto questo per sottolineare come i problemi con cui ci si deve misurare quando si parla di una prima prova vengono certamente meno in questo esordio scintillante (anche se vista la preminenza di toni grigi e scuri questo aggettivo pare fuori luogo...).

Si parlava poco fa di Ritorno alla Conoscenza e del suo stretto legame con un certo modo di intendere la Musica e soprattutto la Vita; credo che la Consapevolezza di ciò si fa e di ciò si pensa siano il traguardo più alto nella vita di ogni persona, essendo il mondo ancora in gran parte popolato da persone che agiscono e pensano ricalcando le azioni degli altri, facendosi spiegare dal mondo dei media il modo giusto per vivere, gli abiti da indossare, le persone con cui parlare e quelli di cui diffidare.

Intelligenti banalità a parte questo concetto legato al cammino individuale verso la Conoscenza/Consapevolezza di Sé è quello in cui trova nutrimento e linfa un genere come il Black Metal, (sotto) cultura prima che movimento musicale. Dalle origini del genere ad oggi, sia tra i musicisti che tra i sostenitori del genere, sembra emergere chiaramente una linea di pensiero comune, legata all'abbattimento delle convenzioni sociali, giuridiche ed umane al fine di creare una visione del mondo individuale, con relativa riscrittura delle norme culturali attorno cui far ruotare il proprio mondo. Il Black metal come Weltanshaung personale ed esclusivamente individuale quindi, in opposizione ad un mondo esterno popolato da "altri" con cui non sia ha praticamente nulla in comune (non che di debba essere in sintonia solo con chi ascolta questa musica...).

Il disco viene a collocarsi tra i prodotti italiani che più hanno fatto parlare si sé durante gli ultimi mesi, dall'uscita l'anno scorso fino alla recente apertura della pagina MySpace del gruppo, un vero "caso" tra gli addetti al settore, data la massiccia mole di contatti nella prima settimana. Il gruppo riesce a rileggere il genere nel suo personale modo, senza stupire con formule ardite o con sperimentazioni eccessive, ma prendendo di volta in volta dal Black e dalle altre realtà limitrofe ciò che serve per plasmare un suono cattivo e convincente, che non presenta novità sostanziali ma che diverrà probabilmente paradigma per il futuro (secondo quanto fatto anche recentemente in Italia da Vidharr, Locus Mortis e Forgotten Tomb).

Una buona influenza è quella del black di scuola svedese, a cui si deve la velocità delle soluzioni e della sezione ritmica, riscontrabile nella maggior parte dei sei pezzi del disco; la cattiveria del disco, dilagante in certi passaggi è corroborata da una certa freddezza dell'esecuzione, con un suono a volte quasi Post-Black, mentre viene attenuata (ed è questo bilanciamento di pesi a dare valore alle composizioni) dall'atmosfera spirituale che si avverte tra i solchi, che fa molto scuola francese. Un polpettone che non risulta indigesto soltanto a causa della perizia compositiva e della maturità dei componenti del gruppo, già ampiamente lodati in precedenza.

Dà ulteriore qualità al tutto la scelta di cantare in latino unita al gusto per la sperimentazione che compare nella quinta traccia "Via Spinarum", più lenta ed evocativa, che dà modo ad un cantato molto arrabbiato e sofferente di farsi strada tra melodie vagamente depressive. È proprio quest'unione tra Malinconia ed Odio, Passione e Grigio a dare senso ad un disco che rappresenta già pienamente il concetto di Black metal di cui si parlava all'inizio.

8,5/10

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