Elogio del caos

 

Esiste una legge che regola dei sistemi dinamici che presentano una struttura estremamente complessa e che solo apparentemente sono ai nostri occhi senza alcuna logica.
Una minima variazione nelle condizioni iniziali può mutare l'intera struttura provocando grandi differenze nell'evoluzione successiva, la quale non può essere prevista totalmente.

Questa è in breve la teoria del caos ed è anche la premessa alla musica dei volcano!, una dimensione dove regna incontrastata l'anarchia sonora. Anarchia non nel genere musicale, intendiamoci, il gruppo di Chicago propone un robusto e già collaudato rock alternativo con incursioni free-jazz e acustiche; l'anarchia è applicata ai concetti stessi di ritmo, musica, voce: tutto è stravolto, non esistono più regole fisse, la metrica è stata dolcemente violentata, l'endecasillabo ormai un vessillo dei secoli passati.

I brani ci sembrano inizialmente un'accozzaglia di suoni, di acuti improbabili del cantante in preda ad attacchi isterici e che nutre un amore spasmodico per Thom Yorke o Jeff Buckley (secondo me è una voce che può permettersi di tutto), un misto di batterie fuori tempo e accordi stonati.

Superata la prima fase del (giustificato per le orecchie deboli e inesperte) rifiuto sistematico a questo malferme insieme sonoro, proviamo un secondo ascolto.

Perché questo è un gruppo che non viene premiato da un ascolto disattento e prevenuto. E' un gruppo con enormi potenzialità, che fa musica visionaria, arrabbiata e altamente fuori dagli schemi.

Il secondo ascolto è quello della rivelazione: quegli aborti musicali ci appaiono come gemme e ci chiediamo perché solo ora riusciamo a scorgere delle costruzioni sonore così complesse, difficilmente decifrabili, disordinate a volte, ma così piene di fascino.

Parlavo di anarchia prima: i brani sono così imprevedibili, ci ingannano con un incipit rumoroso, ai limiti della cacofonia, tipo discarica musicale, poi si aprono, lasciando spazio alle ipnotiche, pazze, nevrotiche e nervose strofe cantate che hanno poi un epilogo completamente diverso da quello che ci saremmo aspettati all'inizio. E questo per me significa essere dei geni.

Ogni canzone è un concentrato di colori, un viaggio in cui possiamo trovare di tutto e questo "tutto" è sconvolgente perché non abbiamo mai ascoltato una tale miscellanea prima. Veniamo rimbalzati dalla pura rabbia di "Easy does it", brano che potrebbe assurgere a inno tanto è pieno di carica e inventiva, fino al semi parlato di "Fire Fire" oppure "Red and White Bells" o ancora "Apple or a gun", brani con un'articolazione ritmica davvero assurda, intervallata da sprazzi musicali suonati magistralmente che ricordano terribilmente i Radiohead, poi approdiamo distesi su una spiaggia con il suono in sottofondo di campanelli, di una chitarra acustica e una voce che fa miracoli come in "$40,000 plus interest", fino a fluttuare verso le ultime tracce, in primis "Hello explosion", con la sensazione di volare e nello stesso tempo di schiantarci a terra.

Ecco un gruppo che ci dà l'ennesima dimostrazione che con la musica si può fare tutto.

Il tutto, il nulla, il rumore, la melodia, l'ordine, il caos: gli opposti possono convivere, non senza conflitti...forse è proprio dal conflitto che nasce la musica dei volcano! e il risultato è sorprendente.

 Ascoltare per credere: www.myspace.com/volcanoisaband

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