Meraviglioso Mr. Fox! Prima dell'amore fanciullesco di Moonrise Kingdom, prima della maniacalità estetizzante degli andirivieni di Grand Budapest Hotel, Wes Anderson aveva creato un piccolo miracolo cinematografico. Un film di animazione in stop motion, tratto dal romanzo di Roald Dahl e scritto a quattro mani con Noah Baumbach, uno che in seguito ha scritto cose eccezionali come Frances Ha e Giovani si diventa.

Un film questo non facile nelle premesse, ma che forse si rivela essere uno dei migliori del grande cineasta statunitense. L'elemento decisivo è la commistione, miracolosamente armonica, tra le componenti e gli stilemi classici di un film d'animazione per un pubblico di bambini e un linguaggio, un’impostazione pensata soprattutto per gli adulti. La fusione delle due anime è calibrata in modo brillante: se le dinamiche dell'azione sono molto semplici, elementari (in fin dei conti gran parte del film è una caccia alla volpe), i contenuti dei dialoghi sono invece quelli di un film per adulti, nel senso che non vedono una grossa semplificazione degli argomenti e trattano temi anche impegnativi (ma sempre in modo lieve). Questo gioco è messo in felice evidenza dagli sceneggiatori, che alternano sapientemente momenti di divertimento e trambusto a scambi di battute seriose, su argomenti che non compaiono normalmente in un film d'animazione.

Un'opera d'autore, levigata in modo magistrale in ogni sua parola (sempre sul confine tra serioso e nascostamente ironico), ma che si piega volontariamente a logiche più semplici, immediate, di intrattenimento. Il risultato è un film a diversi livelli, che può piacere in modo differente al bimbo e all'adulto, allo spettatore distratto e al critico. Spesso un'azione spericolata e avventurosa può essere letta sia come tale sia come parodia straniante di quel cliché. Ci si diverte sia per le vicende in sé, sia perché Anderson ne propone una sua fine lettura di scherno. I momenti di massima evidenza sono nelle esagerazioni: quando i nemici umani distruggono la collina, oppure quando il figlio di Fox compie quell'azione a dir poco strabiliante nel finale. C'è tutta una chiave di lettura deformante degli stilemi delle sequenze d'azione, in particolare quelle meno realistiche dei film animati. Oppure si insiste sulla stilizzazione eccessiva, ad esempio in alcune inquadrature che evidenziano geometrie esasperate.

Rispetto ad esempio a Grand Budapest, l'estetica sembra meno fine a se stessa. Cioè, le geometrie ci sono, i cromatismi pure, ma spesso svolgono una funzione di dialogo con altro cinema, mentre nel film del 2014 apparivano più come un gioco autoreferenziale di ossessione estetica. Anche la scelta dello stop motion conferisce al film una bellezza diversa, meno patinata e stucchevole: c'è della meraviglioso, ma ci sono anche diversi aspetti tutto sommato poco gradevoli e rifiniti. Insomma, il pelo degli animali non è propriamente realistico, gli occhi non brillano e non sono troppo espressivi. Si è scelto di rinunciare a una parte del bello e per guadagnarci in originalità. Forse il messaggio che si vuole dare è che comunque di finzione si tratta, come le parole da film adulto creano un cortocircuito con le dinamiche da cartoon, così le imperfezioni tecniche dialogano con gli elementi di pregio estetico e dicono che in fin dei conti è tutto un artificio, una costruzione marionettistica coi suoi difetti.

Al contempo, i personaggi sono memorabili, problematici e più che mai vitali, anche grazie alle voci di grandi attori (o i loro doppiatori italiani) che li doppiano. Si crea così un ennesimo dialogo; quello tra l'apparenza da teatrino delle marionette e la psicologia invece ben costruita dei protagonisti. In questo senso, siamo su livelli altissimi. I personaggi sono stati scritti con maestria rara da Anderson e il geniale Baumbach. C'è davvero di tutto e anche i personaggi minori hanno i loro tratti peculiari che li rendono memorabili. Pur nella struttura volutamente semplice della trama, l'opera è finemente particolareggiata: nelle dinamiche dell’azione così come nei caratteri dei personaggi, nei loro discorsi come nei dettagli di oggetti e ambienti. La struttura a capitoli stessa e le musiche pregevoli lavorano nella medesima direzione.

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