E con questo secondo album del 1989 la chiudono lì. Ero indeciso su quale dei due lavori sfornati dalla band improntare una recensione, va da sé che il consiglio di frequentarli tutti e due neanche lo consideravo di dire tanto sembra un album doppio fatto uscire staccato di qualche anno l'uno dall'altro.
Sottolineamo lo scambio di affetto con i 17 Pygmies nelle note del disco, ma L.A. e dintorni è solo la piazza comune constatando che la musica è tutta farina di quel "guanto". E mette in confusione quella singolare mistura di rock pop wave che ti fa reiterare l'ascolto, abbocchi all'amo di un invito pacific coast non di pistoleri Colt ma di quei venditori di laudani miracolosi, di sciroppi guariscitutto imboniti sulla pubblica piazza ma con una attenzione che anche il più scafato uomo di mondo ci casca. E questo perché? Perché in fin dei conti c'è la sostanza, sembra leggerina, sembra polverina, sembra...
Il concreto pericolo di prendere l'abbaglio di considerarli dei ciarlatani del rock si scioglie quando ci rendiamo conto che le loro pozioni musicali fastidiano al gusto per un momento, rispetto al piacevole retrogusto che si presenta dopo qualche ascolto, come lo sciroppetto dolciastro dell'infanzia.
Un rock baroccheggiante west, melodie sognanti ma concrete di sentimenti scoperchiati da ipnosi regressive, di nostri passati che si presentano sgranati, ballate spiazzanti per la curiosa felicità di dejá vu condivisi in assenza di robotica intellettuale. Lasciano un sapore di ricordi misti suonati con un velo di malinconia ma senza rimpianti. Composizioni che epicizzano le occasioni mancate della vita, ma perché poi mancate?
Vorrei comunicare una sensazione all'ascolto che solo l'ascolto può chiarire, dove un flusso celatamente drammatico è denso e coinvolgente nella sua mistificazione di musica leggera. Ripeto non so che hanno precisamente ma ipnotizzano, imbambolano lucidamente qualche mia corda interiore che risuona con la loro recita di un Saturno giocoso, di un canzonamento colto di un'intelligenza impersonale che tergiversa un decisionismo tendente al perseguimento di vittorie effimere, quando l'impatto sonoro ci conforta nella arrendevolezza della volontà.
L'umiltà che tira fuori il disco è financo divertente e esaltante nella sospensione di frenesie indotte. La prova del guanto di paraffina scopre che questi ragazzi hanno sparato sia con la mano destra che con la sinistra, non proiettili però. Le "apparenze" depistanti del primo lavoro fanno pendant col cristallino "salto" del medesimo dove fa capolino un nuovo paganesimo di eleganti variazioni rock.
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