David Coverdale viene definito il “Divo” dell’hard rock.

Con il suo magnetico sguardo acchiappafemmine e i suoi perfetti capelli cotonati simil-parruccone ha conquistato tre generazioni di donzelle. Forse è anche questo uno dei motivi per cui il suo personaggio non risulta molto simpatico. E probabilmente il resto lo deve al proprio smisurato ego, coltivato sin dai tempi della propria militanza nei Deep Purple. Certo che passare da commesso nei quartieri popolari dello Yorkshire a frontman di una delle più grandi band della storia del rock non deve essere uno scherzo. E in quanto ad egocentrismo era pure in bella compagnia. E’ una premessa necessaria, questa, per far capire che se esistono persone che si fermano alle apparenze o al sentito dire, il sottoscritto non rientra certo in questa categoria. Da me non avrete considerazioni extra musicali.

David Coverdale è un talento naturale. Un timbro inarrivabile il suo, dalle straordinarie modulazioni nere. Una voce calda, che sa picchiare duro e accarezzare dolcemente. Una voce che è vibrazione dell’anima. Il blues è la sua passione da sempre. E la sua creatura, il Serpente bianco, è schiava dei movimenti circolari e delle deviazioni di questo genere. Un hard blues incalzante che alterna potenza ed eleganza, sensualità e malinconia. La sintesi più riuscita di questo primo periodo degli Whitesnake è “Ready An’ Willing”. Un disco che manifesta l’ormai rodato affiatamento della coppia d’asce costituita da Micky Moody e Bernie Marsden. A completare la line-up l’esperto Neil Murray al basso, ma soprattutto due mostri sacri ed ex-compagni di avventura nei Purple: Jon Lord ai tasti d’avorio e Ian Paice dietro le pelli.

Corre l’anno 1980 e il gruppo intende cavalcare la nuova onda partendo dalle ceneri porpora. L’opener “Fool for your Lovin’” ci tiene subito a chiarire di che pasta è fatto questo disco. Non solo un singolo fortunato, ma anche un elegante esempio di hard rock, trascinato da un riff di chitarra irresistibile e da un refrain che è impossibile scordare. Il brano tra l’altro era stato originariamente scritto per Sua Eccellenza B.B. King, ma il buon marpione di Coverdale ci ha subito ripensato dopo essersi accorto di avere in mano una “scala reale” o meglio una reale scalata alle classifiche. Tutto il lavoro è comunque degno di nota, dai pezzi più tipicamente rock’n’roll come le trascinanti “Sweet Talker” e “Black ‘n’ Blue”, fino agli umori blues della bellissima title-track e della cadenzata “Love Man”. Il capolavoro del disco prende però le forme della struggente ballad “Blindman”, nella quale David sfoggia un’interpretazione da pelle d’oca. La sua voce sensuale scivola addosso come pioggia e ci lascia grondanti di malinconia. ”Ain't Gonna Cry No More” è un'altra traccia significativa, dalle due facce, con la sua intro acustica ed intimista che si sviluppa successivamente in un rock più energico e ritmato. Nell’aria aleggia un certo profumo di Zeppelin.

Il resto dell’opera viaggia sulle stesse coordinate e su standard decisamente elevati. Non un disco quindi per chi cerca la novità ad ogni costo. Questo è il solito hard rock, trito e ritrito, sporcato di blues, ma suonato con immensa classe e tanta ma tanta passione.     

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