Sinceramente ho provato un certo stupore nel non aver trovato già recensito un album come "Slip Of The Tongue" negli archivi di Debaser ed il perchè è facilmente spiegabile: si parla di Whitesnake e di una line up che vede, per la prima volta, alla chitarra solista il funambolo delle sei corde Steve Vai, Tommy Aldridge alla batteria, Rudy Sarzo al basso e preziosi collaborazioni come quella di Don Airey alle tastiere o Glenn Hughes come seconda voce.
Gli ingredienti per un lavoro memorabile ci sono proprio tutti e, nonostante a livello di vendite non sia stato un vero e proprio successo, come per "1987", il prodotto finale risulta essere ugualmente di grande qualità, sia sotto il profilo delle canzoni, sia di quello musicale. Certo non altrettanto si può dire per quanto riguarda il clima in cui trovò compimento questo lavoro, in molti infatti ricorderanno la precedente dipartita dal gruppo di Vivian Campbell e il successivo infortunio di Adrian Vandenberg (compositore effettivo di buona parte delle partiture per chitarra di "Slip Of The Tongue"); in pratica una vera e propria maledizione sembrava perseguitare Coverdale in quel periodo e proprio per questo motivo entrò in scena l'unico "titano" in grado di fronteggiare una tale calamità, di poter apprendere in brevissimo tempo le parti di chitarra già scritte al 90% e di metabolizzarle con la sua grande ed unica personalità: Steve Vai.

Dopo un incipit piuttosto aggressivo dato dalla song che porta il titolo all'album, si passa pian piano a sonorità più melodiche, come nella rivisitazione del tutto originale del brano "Fool For Your Loving" (scritta in prima istanza dal gruppo nel 1980 in "Ready an Willing") o addirittura nella ballad "Now You're Gone" che sembra quasi, a tratti, riportare alla memoria stilemi propri dei primi Whitesnake, ma con un Vai sempre pronto a graffiare con una chitarra istrionica e virtuosa. L'intro di chitarra presente in "Kittens Got Claws" è una vera e propria emulazione di un miagolio di gatto, quasi a voler dare una versione hendrixiana del suono in chiave moderna, ma il livello più alto si tocca sicuramente in "Wings of the Storm" che alterna parti lente a quelle veloci con grandi capacità tecniche e, ancor più, in "Sailing Ships", ultimo brano di questo album e probabilmente anche quello dalle maggiori potenzialità, con uno Steve Vai grandioso tanto nella sezione acustica e negli arrangiamenti, quanto nell' assolo da brivido, ma, se è possibile, forse ancor più per la presenza attiva di Glenn Hughes come seconda voce accanto a quella di Coverdale, presenza che porta alla memoria, con una punta di nostalgia, i magici duetti dei gloriosi Deep Purple. Da sottolineare un brano molto spesso sminuito dalla critica "Slow Poke Music", che vede tuttavia un lavoro di chitarra assolutamente brillante ed originale di Vai ed una seconda ballad divenuta molto famosa anche per la notevole diffusione nelle radio, "The Deeper The Love", dove Coverdale sfoggia un'ugola incredibilmente sensuale e matura.
Se a tutto ciò si aggiunge una produzione di tutto rispetto data da Mike Clink e Keith Olsen, "Slip Of The Tongue" dovrebbe essere legittimamente considerato un album di grande spessore nell' ambito hard rock, con l' unico limite di essere stato elaborato, per causa di forza maggiore, in una tempistica troppo stretta, soprattutto per Steve Vai, che non ha avuto materialmente la possibilità di gestire al meglio il suo smisurato talento, come nei lavori con Diamond Dave, ma si sa, i miracoli li ha fatti solo il Messia!

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