Ora, potremmo dire che Tweed è un ragazzaccio, che alla Middle School sputava pallini umidissimi dal tubo della sua penna a sfera addosso alle compagne sedute vicino a lui. Ma non è così. La sua proverbiale gentilezza verrà anche a noia. La professionalità e l’inventiva nel mestiere del suonatore, come in quello del cantastorie, non son tenuti in gran considerazione oggi. Ma il bardo, ex avventuriero Uncle Tupelo col sodale Jay Farrar, è destinato tosto all'encomio o all'oblio. La sua poetica (campestre, stradaiola e onirica, acustica ed elettrica, orientata tanto al passato quanto al futuro, fatta di fremiti delicati, lirismo rarefatto, ma anche di chitarre affilate e di stilemi solidi) nella contemporaneità ha pochi rivali. Alternative country e folk sperimentale stanno in una poliedricità che passa anche attraverso il pop e l’art rock ecumenicamente.

Ecco, La Tempesta di Giorgione descrive bene, a colpo d'occhio, ciò che vi aspetta in questo cofanetto di quattro dischi. Lì per lì, la tempesta non arriva mai, ma sta sempre per sopraggiungere, così che la scena è sempre serena e inquieta al contempo, tanto agreste e familiare, quanto minacciosa e temibile. Un fatto fuori dal mondo, ma come al cuore del mondo, in uno spazio sempre sul punto d’esser scosso o collassare, eppure edenico, simultaneamente noto e sconosciuto. Se poi La Tempesta resta come ispirazione, ma diventa Il Concerto campestre di Tiziano (?), La colazione sull’erba di Manet e Le déjeuner sur l’herbe dell’artista pop Alain Jacquet, in un mutevole presente che corre verso la pacificazione, quest’album ci dice allora come i brani palpitino su di una trama viva, siano parte di un tessuto vivente. Così poter ascoltare queste canzoni non è più un fatto superfluo. E, se superfluo, necessario.

Inediti, demo, registrazioni live, alternate version, cover, musiche composte per colonne sonore, B-side stanno in un grumo di terribile bellezza, che si avvicina alle cinque ore, per coprire uno spazio di vent’anni, per celebrare la gioia di essere musicisti e di nuotare nell’anima cercando un attracco nella musica. Una rivoluzione circostanziata, uno scherzo questa raccolta o il corso naturale delle cose? Può persino apparire un “The Best Of”, certo alternativo ed idiosincratico, con al centro proprio quel “Yankee Hotel Foxtrot” di cui la Reprise fece “il gran rifiuto” e all’estremità “Wilco (The Album)”.

Ecco, allora, perché questa raccolta appare nient’altro che allettante. Non accondiscendente, non opportunista, non inutile. Non autoindulgente. Tantomeno disorganizzata. Le leccornie si susseguono come in un fantastico bancone dei dolci artigianali, dove l'occhio sogna il gusto ed il profumo si dilata nell'udito. Dietro al banco un'affabile pasticcera, in tutte le sue rotonde grazie, impettita ma umile, a concederci una lunga attesa carica d’interrogativi e desiderio.

Ci si può perdere, ci si può ritrovare in questi pezzi. Esecuzioni live sopraffine (sono grandiosi e creativi sul palco, come rimarca sempre la buona @[Flo], senti Impossible Germany o l’ipercinetica e incazzosa versione hardcore di Passenger Side), ispiratissimi anche nella semplicità delle estemporanee registrazioni domestiche (Childlike and Evergreen e Someone Else's Song alla chitarra, con tanto di pressione di tasto rec auto-immortalata e di starnuti di Tweed), cover sentite e passionali (vedi Thirteen dei Big Star , True Love Will Find You in the End di Daniel Johnston e One Hundred Years From Now dei Byrds). Non mancano ospiti di riguardo come Roger McGuinn, Fleet Foxes, Syd Straw e Feist, né le sperimentazioni kraut sui ricami di chitarra di Nels Cline (vedi i 10 minuti di Spiders) ed alternate version (come Hummingbird e Camera) che gareggiano in bellezza con le versioni finite sui dischi ufficiali. Da segnalare, ancora, pezzi adrenalinici à la Replacements come l’inedito Student Loan Stereo e il trittico mozzafiato A Shoot in The Arm - ELT - Nothing'severgonnastandinmyway, rispettivamente David Kahne remix- King size demo- David Kahne remix (traccia, quest’ultima, sconfessata da Tweed perché ritenuta troppo radiofonica).

Non ci avrei scommesso niente suAlpha Mike Foxtrot: Rare Tracks 1994-2014”, ma, in buona sostanza, non riesco più a farne a meno. E aggiungici pure l'interiezione "Cazzo!" con uso olofrastico.

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