Un pizzico di suspence, un po' di glamour, qualche goccia di comicità e due interpreti favolosi. Ecco la ricetta giusta per fare di una storia semplice un film carinissimo che inquadra a modo suo lo spirito libero e leggero degli anni '60.

William Wyler torna nel 1966 a dirigere la sua pupilla Audrey Hepburn dopo il drammatico "The Children's Hour"(1961), e lo fa tornando ad esaltare i lati più ironici e spontanei dell'attrice da lui lanciata in "Roman Holiday". La trama è curiosa, la figlia di un noto collezionista di opere d'arte (in realtà un abile falsario), deve recuperare, rubandola, la preziosa statua attribuita al Cellini prima che il museo parigino a cui è stata prestata scopra la falsità della scultura e di conseguenza smascheri il padre (Hugh Griffith). Per realizzare la sua ardua impresa criminale ingaggia il ladro Simon Dermott (Peter O'Toole), trovato "per caso" in casa sua una notte a rovistare tra i quadri del padre e ferito in modo rocambolesco con una vecchia pistola.

Quello che più trovo affascinante in questo film è la sua totale spontaneità, l'intreccio non è complesso ma Wyler riesce a valorizzare al meglio la verve comica dei due attori costruendo scene ironiche in modo naturale, non c'è forzatura nelle situazioni che si vengono a creare; un esempio è la lunga sequenza del ripostiglio, in cui i due si nascondono nel museo per poter concretizzare il loro geniale piano criminale. Sono scene molto sensuali, la promiscuità, il condividere uno spazio piccolo per molto tempo, che il regista volorizza creando il giusto gioco di luci e dando i tempi corretti all'azione e ai dialoghi, "Comoda?...hem..io non credevo che ci sarebbe stata tutta questa promiscuità..". Questo è forse il film che esalta di più la faccia comica più leggera della Hepburn, Nicole infatti non ha lati nascosti della personalità o forti contrasti nell'animo, è semplicemente una figura un po' stralunata e ingenua che incanta subito lo spettatore. Ecco che allora il personaggio di Simon, più razionale e serioso, riesce a controbilanciare Nicole e creare la coppia perfetta, celebre la battuta che Simon rivolge a Nicole prima che questa indossi i panni di una donna delle pulizie per l'atto finale del furto, "Da' la serata libera a Givenchy".

Inquadrato nell'insieme dei ruoli interpretati da Audrey quello di Nicole Bonnet non è uno dei più complessi, anzi è il più semplice ma nonostante ciò trova la sua giusta collocazione fra i tre grandi personaggi che ci regala verso la fine degli anni '60, la Eliza di "My Fair Lady", la Joanna della bellissima commedia on the road di Stanley Donen, "Two For The Road", e la Suzy di "Wait Until Dark". La sua capacità di alternare ruoli drammatici a interpretazioni più leggere è la grande forza della sua carriera cinematografica, carriera costruita con grande fatica e dedizione; una vita vissuta in modo semplice, dedicata solo in parte al cinema e tanto all'amore prima verso i suoi figli e poi all'Unicef, quindi non sorprendetevi se la sua figura è sempre tra noi e mai se ne andrà.

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