Da alcuni anni quasi tutti si sentono fotografi. Scattano ovunque, probabilmente anche nel cesso dopo un'evacuazione, non per legare una serie di immagini ad un bel ricordo. La cosa che trovo talvolta insopportabile è che, foraggiati da valanghe di mi piace, supportati dai modernissimi telefonini dotati di intelligentia da condivisione, grazie a tutto questo non la smettono. E ogni tanto per dovere sociale te le devi sorbire una di quelle serate in cui questi conoscenti, perfino cari amici, ti fanno vedere centinaia di foto digitali, ormai quasi nessuno le sviluppa più, del loro ultimo viaggio con serie di piedi tagliati, scatti sbilenchi, in controluce, sfuocati che manco il delirium tremens di un alcolizzato, scentrate o con soggetti che non destano il minimo interesse. Trecento, il numero. In tali frangenti mi guarderei 300, il film: quello epic metal orgoglio gay di Frank Miller piuttosto. A metà della proiezione... PAM i testicoli tendono a rotolare sul pavimento; cerco sempre di essere pronto a correre nell'eventualità in cui ci sia un cane nei paraggi.
"Il Sale della Terra" lo potrete vedere al cinema, ma spacciarlo per un film, no non me la sento. Appartiene alla categoria dei documentari per una magnifica carrellata, molto lenta, di fotografie superiori in bianco e nero alternate da spiegazioni del protagonista che con parole semplici tenta di spiegare cosa c'è dietro ai quei clic.
Secondo Sebastião Salgado cento fotografi professionisti nello stesso punto non faranno mai uno scatto simile; l'utilizzo dello zoom, l'inquadratura, la scelta della luce e dell'ombra, il colore, sono caratteristiche personali frutto di un percorso di crescita unico. La macchina fotografica è solo lo strumento attraverso il quale un professionista vede il mondo. Quando cominciò, quasi per scherzo, a fotografare era già una persona adulta; laureato in economia e commercio, con brillanti prospettive di carriera, ebbe la forza per mandare all'aria e seguire l'istinto grazie al supporto della moglie che lo incoraggiò nel salto nel buio.
Le fotografie di questo artista sono rasoiate in bianco e nero che fanno male. Conosceva gli ingranaggi economici della società contemporanea ed è proprio lì che andò a ficcare il suo obiettivo. Le condizioni dei lavoratori con un occhio veritiero, cinico e durissimo. Come un nomade girò costantemente per il globo, saltando da un progetto ad un altro. Tornò nel Sud America per documentare la dura e piena vita nelle campagne. Per trent'anni e più volle evidenziare gli effetti dirompenti delle disparità tra paesi ricchi e poveri. La sua fotografia più famosa forse è quella di una miniera d'oro a cielo aperto in Brasile: 50.000 persone almeno in un pantano senza fine, come piccole formiche su scale pericolanti e strette. Un manifesto del nostro secolo. A più riprese è andato in Africa dove è stato testimone delle guerre in Angola e Mozambico negli anni '70, la siccità del Sahel, le carestie e l'infinita fame di un continente dignitoso ma privato della speranza. Il tremendo genocidio in Ruanda lo turbò nel profondo: quasi un milione di morti, molti a colpi di machete, che nell'occidente passarono in sordina, come se il volume fosse stato messo sul minimo per non disturbare troppo.
Devastato dal marciume del fattore umano, dai suoi tremendi effetti sempre più dirompenti, Salgado ad inizio degli anni 2000 capì di non essere più in grado di continuare il suo lavoro di denuncia sociale e con "Genesi" cercò di disintossicarsi e tornare alla vita con meravigliosi scatti naturalistici. V'è ancora bellezza, laddove l'uomo contemporaneo, a suo dire l'animale più pericoloso del globo, non è ancora arrivato per sopraffare, derubare, rovinare e sfruttare com'è nella sua indole.
Sono tanti i minuti che vi faranno attorcigliare le budella; a più riprese non riuscirete a sfidare lo schermo ma dal mio punto di vista "Il Sale della Terra", diretto da Wenders e dal figlio di Salgado, è un lavoro di grande spessore. Nel caso foste interessati la visione al cinema è oltremodo consigliata perché il grande schermo rende infinite volte meglio rispetto ad un personal computer o una televisione.
Fare clic, in maniera sempre maggiore rispetto al passato, è diventato un gesto quotidiano, quasi naturale, ma scattare una bella fotografia. Beh, quella è un'altra cosa e molto più complicato di quanto si pensi.
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Altre recensioni
Di AKid
Mi ci è voluta una giornata intera per avvicinare la tartaruga. Tutta una giornata per farle capire che rispettavo il suo territorio.
In Ruanda vidi la brutalità totale... Se penso al viso splendido di quella bambina e a quel sorriso, in mezzo a tutto quell’orrore, a come stava celebrando la gioia... Non esistono medaglie per quel tipo di coraggio.