Cercando di carpire il segreto della sua felicità chiesi udienza al grande masso che mi sorrideva dalla riva del fiume.

La giornata era serena, io forse lo ero un po’ meno. Infine il masso si degnò di ascoltarmi.

Parlai a lungo del frastuono cittadino e di quanto le sue stratificazioni sovrapposte (sonore e non) nascondessero la mia melodia interiore. Confessai quanto bramassi una vita ritirata dove poter acquisire maggior saggezza e insinuai persino che per lui, rapito da una contemplazione senza fine, le cose dovessero essere assai meno complicate immerso com’era nella pace e nel silenzio del bosco.

Lui (immutabile roccia millenaria che tutto sapeva delle arti, degli usi e dei costumi umani) tacque per un lungo minuto.

La giornata restava serena, io lo ero sempre meno. Infine il masso si degnò di rispondermi.

Stolto! Non hai occhi per vedere?! Guardami! Ora guarda te stesso! Ti sembra che siamo la stessa cosa?! Quello che tu chiami <pace e silenzio> è ben altra cosa per me.

Cosa sono per te il frinire delle cicale, lo scroscìo della pioggia o il monotono fluire del fiume? Per me sono muri chitarristici intrisi di feedback. Come se le sfuriate abrasive dei Flying Saucer Attack smembrassero le vesti orientali degli Spacemen 3 di <Dreamweapon>. Come se l’arsura febbricitante dei Bardo Pond sciogliesse le singole note fondendole in un monolite elettrico, in un’ unica, statica poltiglia sonora che un tempo non mi dava requie.

Ma ho imparato a stare. Ad essere. Semplicemente ad essere.

E ora tra le spire droniche la sento la mia melodia: strimpellìi delicati a-là Dave Pajo si fanno largo tra il ronzìo incessante delle mosche ubriache di caldo, riverberi acquatici che ricordano Roy Montgomery si propagano dolcemente dal fondo di una notte stellata.

E il frastuono, come nella tua vita cittadina, non è solo sonoro.

Cos’è per te la perpetua luce della luna? Cos’è per te la schiuma battente delle acque nelle piene primaverili? Per me sono pozze gorgoglianti e derive elettroniche che turbavano la mia quiete.

Ma ora non fuggo più. Non rotolo più dai dirupi in cerca di scampo. Ora sto. Immobile.

E mi perdo in lunghe e profondissime meditazioni simili all’argentea onda di una <Jenseits> degli Ash Ra Tempel (con tanto di spoken word femminile).

Perditi uomo! Perditi nei droni tentacolari che come muschio selvatico si avvitano sul tronco del tuo spirito! Non fuggirli, ma da loro trai, spremi la tua melodia! Loro sono un <Portal> verso l’ Oltre”.

Da quel giorno molte altre volte sono ritornato dal masso e sempre con nuove domande.

Lui ascolta paziente e qualche volta mi risponde.

Non so perché, ma ho la sensazione che mi consideri solo un magnifico imbecille.

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