Rock narciso, così perfettamente proporzionato da guardare dall'alto verso l'alto. In The Heart Of The Young è un album che può banchettare con le migliori opere dei grandi della musica in assoluto. Forse lo dico perché è il mio preferito in assoluto? Eppure, nella notte ormai ventennale calata sul rock 80/90 qualche supernova continua a brillare e quella dalle effusioni più luminose ha coordinate astrali a me perpendicolari e si chiama Winger. Vorrei che Kip sapesse che io lo ritengo un punto di riferimento e un artista magico. I suoi lavori solisti sono pagine di diario che aderiscono perfettamente alla mia realtà. Ma questo disco (anno domini rockorum 1990) ha saputo davvero raccontare una società. O, più che raccontarla, ha saputo arrivare a descriverne gli stati di coscienza con musiche da cui uno psicologo potrebbe ricavare un profilo di gruppo. Il 1990 festoso, sguaiato, dorato, pajettoso, d'acciaio è stato l'anno di lancio di una generazione che ha fatto un salto con caduta nel vuoto dell'oblio. Neanche i Winger sapevano che il mondo stava per cambiare irrimediabilmente, ma sono stati i primi a mettere ansia e velata inquietudine in quel rock che pareva dovesse arrivare a Dio mentre dimenticava che proteso in aria, un corpo terreno prima o poi sarebbe stato soggetto alla forza di gravità.
In The Heart Of The Young non dimentica affatto di far parte di una corrente. Ma se ne vuole estraniare, la vuole tenere sotto e sotto schiaffo. La tecnica e le atmosfere sono catchy e virili, e vengono messe al servizio della magia. Acrobazie e volteggiamenti strumentali sono geniali e di un'intelligenza raffinatissima. Ogni singolo colpo dato alla batteria mantiene in equilibrio questo microuniverso costituito da note fluttuanti che si tengono unite come le stelle convivono nella via lattea. E se la batteria suona già così indispensabile per il moto perpetuo di questa musica, provate a immaginare cosa succede con gli altri strumenti.
Non ci sono atmosfere oniriche, sarebbe dire una castroneria. Però, come ho detto prima, c'è la descrizione musicale delle riflessioni di una società e dei suoi intermittenti stati di coscienza. Ecco, l'abum in questione ha il potere di tenerti ad occhi aperti mentre sogni di sognare. Mentre rifletti solo in camera e vedi un amore svanire o nascere partecipando emotivamente e fisicamente i tuoi pensieri, tanto da muoverti nel recitare ciò che vorresti accadesse. Mentre senti una persona lontana così immaterialmente vicina.
Nel maestoso sfoggio di capacità compositive uniche, i Winger a volte sembrano toccare, arrivandoci di spalle, il baratro dell'incubo. Tanta della luce che arriva sull'album, sembra riflessa da quella poetica inquietudine di chi brilla tanto ma percepisce che qualcosa inizia a spegnersi. Il disco lo conoscerete in molti, probabilmente mi darete torto. Io penso a ciò che Kip ha scritto dopo, vi rispondo in anticipo così.
Lucidi visionari i nostri propongono un hard rock newyorkese certificato all'anagrafe. Brani da bruciare le prevendite delle arene mondiali ce ne sono a bizzeffe. Penso a Easy Come, Easy Go e Can't Get Enough in particolare, con dei riff che giustificherebbero il sentimento dell'invidia di chi non li ha scritti. Ma c'è una parte del disco che poteva essere pubblicata anche da sola: il quartetto messo in fila da Under One Condition, Miles Away, Rainbow In The Rose e The Day We'll Never See è davvero ciò che all'epoca doveva essere percepito come il futuro della musica e giustifica quanto ho scritto fino ad ora. Un hard rock sospeso nell'aria che riscrive l'aor e solletica il prog.
Quando vedo le ultime foto di Kip Winger che suona l'ultimo disco, Karma, in una saletta squallidissima dispersa in Grecia davanti ad un nugolo di irriducibili fans, penso che la gavetta che sta facendo ora è proprio ciò che lo consegnerà alla storia. Avere l'umiltà di fare un tour mondiale oggi, senza arene ma in piccoli anfratti rock da riempire, rende onore ad un artista che aveva visto così lungo da evitare le caduta nel baratro artistico e quella di un grave lutto che lo ha colpito. Kip Winger e In The Heart Of The Young meritano un voto che va molto oltre quello che si può dare qui.
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