Cosa dovrebbe indurre a valutare questo "Sweet and Lowdown" come un gran bel film? La trentunesima pellicola di Woody Allen, approdata nelle sale cinematografiche nel 1999 ed esportata in Italia sotto il titolo "Accordi e disaccordi", non si discosta più di tanto dai lavori precedenti del grande regista statunitense. Qui potrete ritrovare la stessa comicità brillante di molte sue pellicole (Da "Love and Death" a "Mighty Aphrodite") e allo stesso modo anche qualche reminescenza di "Broadway Danny Rose" e di "Zelig". Inizia a serpeggiare il dubbio che il piccolo intellettuale sia rimasto a corto di idee e che si dedichi ad un fitto, indecente lavorio di copia-incolla attingendo dai suoi prodotti passati. Niente affatto. Allen dimostrerà anche in seguito con i suoi film successivi come "Matchpoint", "Scoop", "Melinda e Melinda" di avere ancora tante frecce al suo arco, ma indipendentemente dal "senno di poi" lo stesso "Sweet and Lowdown" è la prova della sua granitica genialità. Ma andiamo per ordine.
La trama si snoda attraverso i racconti di diversi critici musicali ed esperti (fra cui Woody Allen), i quali narrano la storia di uno dei più celebri chitarristi del primo Novecento, Emmet Ray (Sean Pann). Costui ha un prodigioso talento musicale, ma dimostra al contrario una pochezza di sentimenti che lo porta ad essere una persona mediocre. Egli vive nell'ombra di un altro chitarrista, "Lo zingaro che vive in Francia", ossia Django Reinhardt, che non riesce a superare. Le occupazioni principali del protagonista sono l'alcool, il lusso e le donne e, per tutta la durata della pellicola, Ray giustifica il suo smodato tenore di vita affermando continuamente "Io sono un artista". Perennemente ubriaco e in ritardo sul lavoro, passa le notti a sparare ai topi alla discarica o a fissare i treni che corrono. Un giorno piomba nella sua misera vita una donna muta, Hettie. Quest'ultima ama profondamente Ray che però decide di abbandonarla per proseguire la sua strada da solo. Sposa la promiscua scrittrice Blanche (Uma Thurman), viene tradito, passa attraverso varie disavventure e solo alla fine, ormai tardi, come afferma una delle voci narranti, riuscirà a esternare con la musica quel suo groviglio di sofferenza, gioia, dolore giungendo ai medesimi livelli di Django.
La prima peculiarità del lungometraggio è sicuramente l'ottima interpretazione degli attori. Sean Penn è al massimo e riesce a calarsi nei panni di un uomo dotato di eccezionali capacità a artistiche, ma che non riesce a esprimersi compiutamente e si logora nell'incapacità di non poter equiparare il proprio idolo. Eppure non si riesce a odiare questo personaggio perché appare lampante la sua incapacità alla vita vera che lo spinge contemporaneamente a non avere legami, ma a detestare la solitudine. Una figura tragicomica che si perde negli eccessi e legittima i suoi sbagli con un finto stereotipo. Alla pari di Penn è Samantha Morton che per il personaggio di Hettie, umile lavandaia muta, rievoca il disincanto tenero della grande Giulietta Masina (tra l'altro candidata all'Oscar come migliore attrice non protagonista). Uma Thurman convince nel ruolo di un'aspirante scrittrice che inizialmente sembra non dimostrare insofferenza verso la necessità di assecondare continuamente Ray, ma che in seguito si rivelerà egoista proprio come il neomarito.
L'obiettivo di Allen è stato, secondo alcuni critici, la volontà di dare lustro ad un personaggio scivolato nel dimenticatoio; ipotesi che comporterebbe grande nobiltà nello scopo, ma che si potrebbe rivelare anche sterile. Il regista newyorkese ha dimostrato l'intenzione di andare aldilà anche dell'analisi della figura dell'artista maledetto e del suo relazionarsi all'arte e alla competizione portando a termine un dramma intimo provocato da colpe personali e incomprensioni. Inoltre, "Sweet and Lowdown" si qualifica come un impasto perfettamente dosato di documentario e film (genere definito "mockumentary"), una sorta di racconto popolare dove le figure e gli episodi hanno subito con lo scorrere del tempo vari ritocchi e aggiunte, come testimoniano le tre divertenti versioni dell'aneddoto che vede Ray nascosto nell'automobile di un gangster italoamericano amante della moglie Blanche. La perfetta ricostruzione dell'America anni '30, in preda al proibizionismo e in bilico fra divertimenti e rigore è un ulteriore punto a favore di Allen.
Non un capolavoro, ma pur sempre un ottimo prodotto. Dopo tutto stiamo parlando di Woody Allen...
Carico i commenti... con calma