A discapito di un classico quale "Skylarking", il mio personale parere è che il loro lavoro più significativo di quella perfetta macchina pop chiamata XTC sia stato "Drums & wires". Ciò in virtù di una freschezza e una pirotecnia maggiore, oltre ad essere incidentalmente tra gli apici della new wave. Infatti uscì in un' annata magica, il 1979, contribuendo a forgiare in maniera determinante quel clima. 

Il merito principale di Andy Partridge e Colin Moulding fu quello di portare una visione pop sopraffina ("This is pop!", non a caso cantavano in pieno clima "no future") in un periodo di sconvolgimenti sonori epocali. Ciò si traduceva non certo in canzoncine tutto sommato innocue, come scrive quel simpaticone di Scaruffi. Bensì in melodie maligne e complesse benché irresistibilmente orecchiabili, inserite in un tessuto musicale sempre più sofisticato, in grado di ridare dignità al lascito beatlesiano - dalla fantasia negli arrangiamenti all'originalità della scrittura - anche nel periodo del punk.
"Drums & Wires" è impregnato fino al midollo dello spirito new wave, in particolare nel lavoro in cabina di regia di  "futuro prezzemolino" Steve Lillywhite: del quale si iniziano ad avvertire i trucchi che renderanno celebri le sue produzioni: ad esempio i tamburi mixati in cruda evidenza. La controllata frenesia di "Making Plans for Nigel" - certamente una delle canzoni più celebri della "nuova onda", con il basso di Moulding (autore del pezzo, segnando un punto importante nella sana rivalità compositiva con il soverchiante Partridge) implacabile nel martellare - lascia altresì chiaramente emergere il significato del titolo dell'album. Potenti e spiazzanti patterns della batteria di Terry Chambers, e una maggiore efficacia delle parti di chitarra (i "wires" appunto) spadroneggiano, a compensare l'abbandono del tastierista nerd Andrews. Sintomatici sono in tal senso anche la marziale "Roads girdle the globe", l'arzigogolata "Complicated game" (pazzesco il suo crescendo!), le vertiginose stratificazioni ritmiche di  "Millions", o l'incedere squadrato di "Scissor man" (della quale faranno una brillante cover i Primus, a dimostrazione di quanto influente sia stato il gruppo anche oltre i reami del pop inglese).
Se forse sono meno riusciti quei momenti in cui si allenta la tensione, come nella ballad "Ten feet tall" o nella frizzante "Real by reel", con quegli ironici e inconfondibili coretti, altrove gli XTC dimostrano come un aggettivo di solito abusatissimo come eclettico, per loro calzi a pennello. "Day in day out", con quelle sghembe chitarre su frammentazioni ritmiche che faranno scuola negli anni 80, e la magnifica "That is the way", con connubio delirante tra sax e chitarra hawaiiana, fanno impallidire in un colpo solo interi album di gruppi che all'epoca vendevano assai di più.

Grande disco insomma: un viaggio tra gli umori più affascinanti del pop alla fine degli anni '70, con la capacità di ritrovare la centralità della melodia in mezzo a tanta avanguardia: quest'ultima, per altro, invecchiata decisamente peggio.

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