Made to measure era uno spin-off sperimentale dell'etichetta belga Cramned (quelli dei Minimal Compact, Tuxedomoon o Colin Newman solista, per intenderci).
Raccolta per volumi, la collana aveva come protagonisti gli sperimentalismi elettronico-ambientali.
E così lo scorso anno, in preda a una – per fortuna terminata – smania di compra tutto, compra vinili, c'è qualcosa di compulsivo in tutto questo, mi porto a casa la ristampa di “Music for commercials (Made to Measure vol. 12 - 1987)” di Yasuaki Shimizu, sperando di aver acquistato una di quelle cose che passano in sordina e poi diventano qualcosa tipo io ce l'ho e tu no!
Alla fine, molti siti autorevoli hanno eletto l'opera best reissue del 2017, best di qua e best di là.
Non è passato inosservato, no. E in effetti ci sta.
Shimizu è considerato uno tra i più grandi sassofonisti al mondo. Di sassofono e manopole elettroniche esso si nutre.
Un artista che ha toccato il suo picco più alto nel 1982 con “Kakashi”: una sorta di icona del japan-pensiero contemporaneo dove free jazz, elettronica e pazzia danno vita a uno dei dischi nippon più interessanti di sempre.
Attorno alla figura del compositore si riconosce il meglio del cucuzzaro giapponese contemporaneo (da Kazumi Watanabe a Sakamoto) e un palmares di scelte musicali geniali, compresa una nevrastenica e coraggiosissima rivisitazione per sax tenore delle Variazioni Goldberg.
Nel frattempo, come un Brian Eno con gli occhi a mandorla, aveva intuito che la musica da advertising rappresentava una sorta di opportunità estetica.
Se ci pensate, scrivere motivi musicali da trenta secondi che riescano a fare il loro dovere non è proprio facilissimo.
Brian Eno racconta che per scrivere il motivo della musica di avvio di Windows 95, realizzò centinaia di “micro-composizioni” da cinque secondi, alle quali – pare – sia particolarmente affezionato, tanto da considerarle tutte strutturalmente dignitose (e renderle pubbliche, no?).
Shimizu ha scritto motivi musicali per Sharp, Honda, Knorr, Shiseido, Bridgestone, Seiko.Li ha scritti ma non sono mai stati utilizzati da nessuna di queste aziende per reclamizzare i prodotti :il brand era una semplice fonte di ispirazione.

Negli anni Ottanta gli spot pubblicitari, i più, erano composti da una musica “abulica” e una voce sensuale che spiegava il prodotto. A volte il testo era musicato (tipo lo spot natalizio della Coca Cola), in altre occasioni c'era una canzone (possibilmente rock-innica) e in chiusura il payoff dell'azienda.
Difficile trovare uno spot anni Ottanta con musica e video senza un testo parlato a supporto.
Insomma, anche nel vituperato mondo dello spot televisivo, valgono logiche di istituzione estetica e di logoi .

Quello di Shimizu, in questo caso, è un discorso prettamente ambient e ricorda le sfocature di Music for Airports, i pattern ossessivi del Philip Glass ai tempi dei Farfisa e poi verticalità 80's dove si intuisce un'involontaria “proto-vaporwave” con tanto di manifesto sul concetto (mai capito il perché) di critica ai consumi sposata dai cultori dell'aestethic pensiero.
In realtà, non credo che Shimizu fosse interessato a dare il via libera a una critica severa sullo spendi e spandi degli anni Ottanta. Semplicemente voleva immaginare come suonasse un orologio Seiko.
E il risultato è abbastanza geniale, anche se il titolo esatto, forse, sarebbe stato “Music for brand”.
Il prodotto finale è lavorato e prodotto come il figlio di nostro Signore comanda. Ma questo vale per tutte le opere di Yasuaki Shimizu che suonano come poche cose al mondo uscite da una sala di incisione ho sentito suonare.

C'è un mondo da ascoltare e lo capisco, quindi suggerisco l'ascolto di questo album alle seguenti categorie:

  • amanti dell'alta fedeltà;

  • cultori della musica giapponese e/o adepti di Julian Cope;

  • ascoltatori di musica ambient e derivati;

  • personalità la cui patologia nervosa non è contemplata nel DSM aggiornato.

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