E siamo arrivati al capolinea per i padri del prog, almeno così pare dopo l'uscita di "Heaven & Earth" a metà del 2014, gli Yes già orfani della voce di Jon Anderson e delle tastiere di Rick Wakeman, perderanno anche Chris Squire passato a miglior vita meno di un anno dopo e chissà che il titolo non gli abbia portato bene: proiettandolo nel Paradiso dei Musicisti, che a mio parere gli spetterebbe di diritto.

Ciò complica non poco, viste anche le caratteristiche di questo album, la recensione, ma procedo con ordine rilevando come nella nuova formazione Jon Davison rimpiazza la comparsa Benoit, a sua volta sostituto di Anderson e purtroppo l'imitazione conserva del cofondatore solo il nome e la tonalità altina, ma senza acuto e verve. Se a questo aggiungiamo che pure Squire non è al massimo livello il resto viene di conseguenza, a poco servono le acrobazie di White e Howe, pure in deciso declino ed ormai avviati alla settantina.

Ora non è che mettendo il disco sul piatto questo non suoni, per suonare va, ma siamo ad un prog declinato in pop fiacco e senza acuti, con pezzi che scorrono via senza infamia, ne lode. Ce ne accorgiamo subito in "Believe again", dove Geoff Downes (alle tastiere già in "Drama" e subito dopo approdato agli Asia, con cui raggiunse l'apice della carriera, nell'ormai lontanissimo1982) prova a ravvivare la scena come faceva mirabilmente Rick, ma con esito decisamente inferiore che prosegue nel successivo "The Game" ancora largamente pervaso dalla voce di Davison virata decisamente sul pop con White che la segue stancamente. L'attacchino abbastanza banale di Downes introduce "Step Beyond", dal ritmo assai scontato ed inconcludente, brano che pare andare proprio in direzione opposta al promettente titolo: "un passo al di là", visto il quasi irritante contributo di Downes.

Anche "To Ascend" farebbe sperare in una svolta verso l'alto dell'album ed invece purtroppo la musica non cambia sempre con Davison, nato proprio quando "Fragile" veniva dato alle stampe, che la fa da padrone o almeno ci prova. E' poi la volta di White & Squire a cercare di rialzare la media del CD "In a World of Our Own" che purtroppo ricade al momento dei coretti, sempre stanchissimi, di Davison con Squire. Finalmente s'arriva a "Light of the Ages", probabilmente il brano migliore, o se vi garba meno mediocre, dove qualcosina di "Yes" si sente pure, almeno fino a quando Davison non ricorda il suo recente passato nei Glass Hammer e Dowes gli da facilmente bordone.

Ora se non vi siete ancora addormentati potete anche farcela ad arrivare alla fine perché è arrivato il momento di Howe, che ci prova pure lui a muovere la musica con un motivetto ancora una volta scontato, rotto dall'intervento del canto del cigno del povero Squire, che tuttavia scema ben presto lasciando ancora spazio a Davison. Ed eccoci arrivati al gran finale di "Subway Walls" che sono certo all'inizio vi ricorderà Steve Hackett, ma tranquilli era solo un'illusione perché si torna ben presto alla solita melassa davisoniana supportata da Squire e White, che forse rendendosi conto della modestia complessiva di "Heaven & Earth" provano a regalarci qualche emozione e a mio parere ci riescono pure, peccato sia ormai tardi per raddrizzare un giudizio che volgerebbe ad una singola stella, ma che raddoppio per una buona serie di motivi, fra i quali la bella grafica "yes stile" evocativa di quel Paradiso in cui purtroppo l'allegata musica non ci ha portato e primo di tutti è il rispetto per l'opera ultima di un Gruppo che tanto ha dato alla Musica

Elenco e tracce

01   Believe Again (08:02)

02   The Game (06:51)

03   Step Beyond (05:34)

04   To Ascend (04:43)

05   In A World Of Our Own (05:20)

06   Light Of The Ages (07:41)

07   It Was All We Knew (04:13)

08   Subway Walls (09:03)

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