Una serata a base di grande musica, grandi vecchi, emozioni mai sopite né dimenticate, tra dubbi (parecchi) e certezze (un po' meno forse).
Piccola premessa sentimeltal-autobiografica (della serie kissenefrega): non è il miglior concerto degli Yes a cui abbia mai assistito, strabattuto sia dal Big Generator Tour (1987) sia dal tour di ABWH (1990? Il miglior concerto della mia vita forse dopo un galattico Peter Gabriel del 1987). Ettecredo: Oliver Wakeman non è il padre (Rick, storico tastieraio "Yessico", nda) ma non è nemmeno un Tony Kaye qualsiasi, sembra lì quasi per caso con sguardo da pesce lesso e indice di partecipazione all'evento sotto zero (oltre a un ruolo decisamente secondario costruito per le tastiere dai grandi vecchi); ma soprattutto Benoit David non è Jon Anderson. Il ragazzo canadese non è malaccio, si impegna, ha una (o si è costruito una) voce molto simile a quella del modello, arriva quasi sempre alle altezze del vecchio Jon ma quanto a carisma e personalità, bè, chevvelodicoaffà? Aggiungiamoci i 60, 61 e 62 anni rispettivamente di Alan White, Chris Squire e Steve Howe e il gioco è fatto.
Ma l'operazione nostalgia di questo "In the present Tour" alla fine funziona, in un teatro strapieno di vecchi babbioni come me (l'età media è ampiamente sopra gli anta, tra un Franz Di Cioccio che osserva soddisfatto e un vecchio capellone con evidenti problemi di prostata la platea pullula di gente che probabilmente 35-40 anni fa vide dal vivo i "veri" Yes) che quasi storcono il naso considerando "moderna" una "Owner Of A Lonely Heart" (26 anni!).
Cosa funziona? First of all, senza nessun dubbio, il mattatore incontrastato, l'eroe della serata è mister Steve Howe, ovvero la mummia semovibile. A dispetto di un aspetto terribile, con quei dieci capelli stopposi che gli partono dalla nuca lasciandogli scoperta ampia parte della calotta cranica, quelle gambette secche che sembrano prive di carne, insomma una sorta di cadavere ambulante, quando le luci si spengono e la musica parte lui perde d'incanto 30 anni e sembra di essere tornati ai tempi di "Drama", per non dire di "Close to the Edge". Ha energia da vendere, è comunicativo, addirittura simpatico, saltella agile e soprattutto è terrificante con una qualunque delle almeno sei-sette chitarre o similari su cui si esibisce (tra Fender, Gibson, mandolino, classica, steel e quant'altro).
Il concerto decolla sul finale dell'opener "Siberian Khatru", quando lui inizia a ricamare note che strappano le prime lacrimucce allo scrivente: da quel momento l'attenzione non può più distogliersi da quel gigante, anche per distrarsi dalle brutture che si vedono altrove sul palco. Unico momento di lieve calo - che corrisponde a un calo globale della band - proprio su "Owner of a Lonely Heart", brano che non gli appartiene (il fortunatissimo "90125" fu il prodotto della versione Squire-Rabin della band, quando il nostro era impegnato altrove, leggasi Asia con gli altri grandi Wetton e Palmer): lui imbraccia ligio la Stratocaster e spara un assolino neanche male, ma si vede che è un compitino che non ama (a fargli compagnia un disastroso David, incapace di raggiungere le vette andersoniane e più volte autore di stecche colossali, mentre Wakeman strappa dal suo synth suoni davvero tristi rispetto alle rasoiate dell'originale).
Ben altro livello i grandi classici, da "And You and I" a "Roundabout", da "Yours Is No Disgrace" all'antica "Astral Traveller" (dal secondo album "Time and a Word", uscito prima dell'arrivo del nostro nel gruppo). Brividi a mille per l'acoustic set, sei minuti in cui la sua mano sinistra corre incredibilmente veloce sui tasti e ci regala momenti che vanno dal classico al bluegrass, dal blueseggiante all'ispanico (con l'antica "Clap" suonata chissà quante migliaia di volte). E lacrimoni all'esecuzione di "Onward", gemma da Tormato (album "minore" del 1978) con arpeggi meravigliosi e occhi (i miei) rigorosamente chiusi per cercare di non vedere che su quel palco NON C'E' il grande cantore della Yessitudine ma un onesto clone da Montreal, Quebec. Se devo quantificare i meriti di Howe nel tenere a galla il concerto, andrei sicuramente sopra il 50 per cento (voto personale 10 magna cum laude).
Il resto? Chris Squire bene ma non benissimo. Reduce da una frattura a una gamba che ne limita l'antica mobilità (oltre a quei 20-30 chili di troppo), il "Pesce" dimostra la consueta maestria con le quattro corde, ci regala anche alcuni momenti di assolo (bellissima la parte iniziale di "Heart of the Sunrise") con la consueta maestria, sorregge abilmente con la sua voce non bellissima ma ancora potente e intonata i momenti di difficoltà del piccolo clone, ma alla fine la sua è una prova da 6 e mezzo.
Detto delle difficoltà di Wakeman junior (voto 5), più volte tra l'altro messo in crisi dal suo moog (con siparietto in mezzo al palco e Squire che lo giustifica con il pubblico), detto degli sforzi di Benoit (voto 6 meno), due parole su Alan White. Che non sia Bill Bruford era evidente già 35 anni fa, ma quel vecchio bradipo che siede dietro la batteria degli Yes nel 2009 non è più un batterista. Sembra un vecchio travet neopensionato reduce da una serata di sbronze al pub, lo sguardo è semichiuso, i bicipiti si sollevano a fatica, anche quando la band gli concede l'inevitabile assolo (su "Astral Traveller") i tempi sono rallentati - sensazione che permea un po' tutto lo show, quasi la band abbia dovuto frenarsi per consentire al mollaccione di restare al passo -, il sorriso finale è quasi spento, inebetito. Voto 4 più (il più è "alla carriera").
Il peggio? "Owner Of A Lonely Heart", lo sguardo "bollito" di Wakeman e la pancia di Squire. Il meglio? Le già citate "Onward", l'acoustic set di Steve Howe, "And You and I" e - capitolo a parte - i due brani da "Drama", che rappresentano un parziale risarcimento all'assenza di Anderson (lui nel 1980 non c'era, alla voce Trevor "Buggles" Horn, l'album fu accolto malissimo dai fans storici ma - visto a posteriori - era tutt'altro che da buttare. Con Jon "in squadra" era vietato addirittura citarlo), soprattutto la monumentale Machine Messiah.
L'ultima volta dal vivo in Italia? Forse no, i "ragazzi" minacciano di tornare addirittura in studio con materiale inedito, oltre a un tour per il 2010. Forse torneranno, forse addirittura i due "nuovi membri" del gruppo saranno sostituiti da papà Rick e nonno Jon (nel 2010 compirà 66 anni e la salute non è più quella di un tempo), però forse sarebbe meglio chiudere qui. E se lo dice uno che ieri sera ha pianto di commozione, forse dovreste fidarvi.
Grazie a chi ha avuto il coraggio di arrivare fino in fondo. Yes forever, prog forever....Carico i commenti... con calma