Arduo compito quello di criticare gli Yes: é un po' come sparare sulla mamma, per di più prendendo la mira. L'acquisto, all'epoca, di questo CD, per me fu alquanto incauto: e se devo essere sincero al 100%... ebbene si, me ne pento! Perchè quando compriamo un prodotto con un etichetta, pensiamo sempre di conoscere quello che conterrà, andiamo a colpo sicuro (ed un po' ce ne vantiamo pure...). Perchè se ti chiami in un certo modo, hai quel passato artistico fatto di dischi capolavoro, purtroppo da te il pubblico si aspetta qualcosa in più, quel qualcosa che spinge, troppe volte, a comprare a scatola chiusa fidandosi ciecamente: perchè non ti aspetti la sola, perchè ti guida il cuore.

A quattro anni dal flop di "Big Generator" e ad otto dal fortunatissimo "90125", arriva questo lavoro ad interrompere la "guerra" legale tra gli Yeswest, gruppo formato da Chris Squire, Alan White, Trevor Rabin e Tony Kaye e gli ABWH (acronimo di Anderson, Bruford, Wakeman e Howe) e ad instaurare una pace armata tra i vecchi compagni. Quello che ne esce è il frutto, al 75%, della produzione di ABWH e per la restante parte degli altri: hanno in mano materiale già pronto, che riassemblano ed adattano per l'esigenza del momento. Mai scelta fu più azzardata.

Facendo una analisi generalizzata e rapida dell'album, si nota subito la disomogeneità del lavoro ed i troppi richiami, soprattutto nella prima parte, al disco che otto anni prima li aveva visti scalare le classifiche: il discorso vale, infatti, soprattutto per "I Would Have Waited Forever" e "Shock To The System". Ci sono ancora troppi cori ad evocare  "90125" ed il suono dominante e strabordante, a tratti, delle chitarre proposte in tutte le tonalità, tipi, distorsioni alla fine stucca e stomaca. A conferma di questo, basta arrivare alla terza traccia che, senza ragione apparente, ci troviamo un paio di minuti di assolo del comunque ottimo Howe in "Masquerade" buttati lì, quasi fossero un contentino per qualcuno. "Lift Me up" è il singolo scelto per il mercato americano, ed ascoltandola capiamo perchè non sia andata più in là della ottantaseiesima posizione (gli americani saranno anche dei cafoni, ma forse, di rock ne ascoltano più di noi sicuramente...). Sempre Howe, come al solito, tenta di metterci una pezza sul finale: ma il risultato non cambia. "Without Hope You Cannot Start The Day" è un timido tentativo di dare qualcosa in più; ma sul più bello, quando ti aspetti un cambio di ritmo o un'invenzione, sfuma e finisce. Anche "Saving My Heart" inizia e termina stancamente, quasi fosse il sequel di "We Are The World": se l'avessero scritta Hall & Oates sarebbe stata una hit. Per "Miracle Of Life" sei già con i popcorn in mano, pronto a goderti lo spettacolo, dopo quell'apertura di Kaye con un tappeto di tastiere infuriate: falso allarme, si langue nella solita zuppa con coretto finale. Con "Silent Talking" speri che, almeno alla fine, le sorti del disco si risollevino, vista la sua buona architettura. Ma ci pensano la ripetitiva "The More We Live - Let Go" e la cupa "Dangerous" a riportarci bruscamente con i piedi per terra. Per il resto, vi rimando al giudizio espresso sulle prime tracce, non ci discostiamo molto da quei suoni. Se non per la conclusiva "Take The Water To The Mountain", che lascia veramente interdetti e sgomenti perchè veramente è un UFO.

Dopo questa operazione commerciale di taglia ed incolla, metaforicamente parlando, si ha la sensazione di osservare un mosaico dove, oltre ad avere i colori sbagliati, fatichiamo anche a decifrare il disegno di base su cui è costruito. Un po' troppo astrattismo, insomma.

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