Finlandia, annus horribilis MMXX.

Chi frequenta il Black Metal e le estremità sonore in genere, sa che in quella parte buia della Scandinavia orientale vivono realtà che non sanno cos’è il tempo. I finlandesi hanno una loro mitologia che differisce dal resto del grande Nord, hanno tradizioni diverse, lo stesso universo magico e simbolico della Carelia ha affascinato ed affascina chi ricerca i primordi dello Spirito. Non a caso il grande orientalista ed islamologo Henry Corbin, in un suo sublime studio sull’Uomo di Luce nel Sufismo iranico, parla di “ex septentrione lux” in riferimento alle influenze dello sciamanesimo nordico (in specie quello del Nord-Est dell’Europa e della Siberia) sul misticismo medio-orientale. La commistione con altri popoli “di confine” ha poi reso questa Terra particolarmente ricca nella sua diversità, a dispetto di certi riferimenti con al centro l’odio razziale di alcuni gruppi Suomi.

Ciò premesso, qui parliamo di un gruppo che certo non sbuca dal nulla, essendo già in circolazione a partire dal 1998, anche se con all’attivo solo due demo (1999 e 2006). Questa prova sulla lunga distanza ci riporta a metà anni ’90 senza nemmeno farci prendere fiato, tutto qui dentro è assolutamente come ci si può aspettare fin dalla copertina. La cosa che mi fa impazzire dei finlandesi prodotti dall’ormai blasonata Werewolf Records è proprio l’estetica: neve, bianco e nero o un blu slavato, corpsepaint, torce nella notte e asce, molte asce, pose che nemmeno Fenriz oserebbe più, foreste e poi ancora, nomi dei gruppi che più stereotipati non si può e loghi scritti nel classico stile “nonsicapisceuncazzo” tipico dei primordi. Detto così può sembrare pacchiano e fine a sé stesso ma signori, quando si arriva ai contenuti, ecco che chi ha amato le urla norvegesi di 25 anni or sono non può che avere un sobbalzo e, perché no, della in-sana e furiosa commozione. In questi trentasei minuti canonici di Black Metal puramente nordico, gli Ymir ci accompagnano in un vortice che già dalle prime battute sa di tempesta, la classica tempesta, quel turbine cui siamo abituati e che certo non è nuovo ma che, quando ben fatto e sinceramente vissuto, non solo non stanca mai, ma addirittura è capace di parlarci con un linguaggio nuovo ogni volta. Cito solo la traccia che prende il nome del gruppo, nella sua semplicità è assolutamente feroce ed affascinante e riuscire a farlo con questo genere ed in questo modo beh, come nel caso di alcuni loro conterranei, vuol dire che la classe c’è e la fiamma davvero brucia ancora! Tempi rallentati e cavalcate, atmosfera e tormenta, più classico di così…

Ovviamente mi rivolgo a chi ama ed ha amato il BM norvegese dei primi anni ’90, a chi può risalire a ciò che dico, a chi è sulla stessa lunghezza d’onda di queste vibrazioni e di questo genere contorto e maledetto. Mi rendo conto che per chi viene da altri percorsi, tutto questo è assurdo e insultare a titolo gratuito certe sonorità viene piuttosto facile. Insomma, chi ha presente di cosa parlo troverà pane per i suoi denti.

Aggiungo a titolo informativo che Ymir è il nome di un gigante della mitologia nordica, il primo gigante del ghiaccio, vi si fa riferimento nell’Edda poetica. Di seguito riporto due righe tratte da una pagina dedicata allo studio dei miti e delle tradizioni (Bifrost.it):

“…Freddo e tenebre provenivano da Niflheimr, calore e luce dal Múspellsheimr. Tra i due poli, Ginnungagap era mite come l'aria quando non soffia il vento. Allorché la brina s'incontrò con il vento caldo, si sciolse e gocciolò e da quelle gocce viventi si formò la vita, grazie alla forza di Colui che aveva mandato il calore, ed essa prese forma d'uomo. Costui fu detto Ymir, ma gli jǫtnar lo chiamarono Aurgelmir e da lui discesero le stirpi dei giganti di brina. Ma le gocce da cui Ymir era nato contenevano le particelle di veleno che erano schizzate dagli Élivágar. Questa è la ragione per cui Ymir era sì, saggio, ma anche malvagio, e malvagi furono tutti i suoi discendenti…”

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