Un universo in un granello di sabbia.

Autentico rompicapo per i primi musicisti occidentali che la avvicinarono, la musica indiana riflette tutta l'autorevolezza di una cultura millenaria e multietnica, che fagocita ed assimila le differenze più traumatiche tra le varie sottoculture che la compongono, restituendo un arcobaleno di sfumature e microcontrasti. Diversi tra i più illuminati musicisti occidentali hanno cercato di attingere a questo inesauribile patrimonio, basti pensare allo studio sulle microtonalità di John Coltrane, riprese da gran parte dei suoi discepoli, o dagli esperimenti del chitarrista John McLaughlin con il gruppo Shakti. Per non parlare di autori di musica contemporanea come Terry Riley o Steve Reich...

Di incontri musicali al vertice tra le due culture, la nostra e quella indiana, ne sono stati tentati parecchi, con alterni risultati. Questo che il tablista indiano Zakir Hussein ha inciso nel 1987 per la ECM, vede la partecipazione del suo compatriota Hariprasad Chaurasia al flauto, ed offre l'occasione di ascoltare due musicisti che raramente hanno collaborato assieme, John Mc Laughlin e Jan Garbarek, due stelle polari della fusione tra jazz e musiche etniche.

Il tabla è uno strumento a percussione tutt'altro che facile da suonare, richiede una ferrea coordinazione e una notevole mobilità delle dita. Zakir Hussain è probabilmente il maggior esperto di tabla a livello mondiale. E' figlio d'arte: suo padre è il musicista classico indiano Ustad Alla Rakha (tablista anch'egli). Vanta una pluridecennale esperienza sul palco, dal momento che calca le scene dall'età di dodici anni, ed una lunghissima lista di collaborazioni con musicisti provenienti dalle più diverse esperienze, da Pharoah Sanders a George Harrison, da Tito Puente a Bill Laswell.

"Making Music" è un esperimento riuscito di fusione tra oriente ed occidente. Il quartetto gioca con lo spazio tracciando amplissimi orizzonti sonori, lande di sconfinata pace punteggiate da passaggi percussivi di un virtuosismo pazzesco, dove le dita e le mani di Zakir sembrano moltiplicarsi in un infinito gioco di specchi.

All'ascoltatore distratto lavori di questo tipo possono apparire come un orizzonte piatto, levigato e carezzevole ma in fin dei conti poco avvincente. Non è il caso di questo disco, animato dai bellissimi interventi di un ispirato Garbarek, che calzano alla musica come un guanto (unica pecca: il sax mixato un po' troppo "avanti", ma più di un disco del norvegese soffre di questo difetto). Trascinato da tanta grazia, John McLaughlin abbandona la consueta, torrenziale (e spesso ahimè manieristica) eloquenza, e ci regala una manciata di assoli perfetti, che spaziano da cristallini arpeggi a momenti di incontenibile ritmicità.

Musica rilassante per lo spirito, ma che solletica senza posa la mente.

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