Poche cose hanno la capacità di rasserenami come un albero in frutto.
L’immagine più esplicativa d’ogni segno naturale, completa per l’uomo in tutti e cinque i suoi sensi. Che siano sottili verdi smeraldi o ruvidi pomi d’oro, dove non possono giungere le mie mani, basta un occhieggiare, sollazzo con la mente e il lieggio e fino olezzo spinge ogni crucciato labbro o torvo pensiero a vergognarsi ed andarsene.
“Nu prufumo accussì fino
Dinto ’o core se ne va”
Di storie legate agli agrumi se ne raccontano da millenni: furono associati a stelle e oro, per loro furono fronteggiati draghi e finanche sorretti cieli. Furono motivo di vanagloria e smodata bellezza in terra araba ed europea tanto da cambiare completamente la concezione di giardino, acclimatando poi ogni perimetro di città in arborato pomario.
L’albero ed il frutto, tra regge e golfi, si macchiano quindi di spocchiosa serietà.
Perché si, il Bello alle volte, con il suo tronfio palesarsi, sembra sbertucciare il vero senso delle cose, privandole della loro origine terranea, non sapendo, o forse dimenticandosi, che basta solo la punta della lingua per sentire la sensazione di dolce.
Aldilà di ciò, di racconti dove uno può sporcarsi le mani siamo pieni, ma preferirei partite dall’origine di tutto.
Nel principio vi erano solo cedri, pummeli ed infine mandarini. Nel tempo tra conflitti genetici e circostanze ambientali si modificano, sviluppano, annodano, diversificano e finisce che pummeli e mandarini facendo all’amore figliano l’arancia, così, en plein air.
In altre relazioni poliamorose non voglio addentrami, sono fatti loro.
Poi arriva lo zampino dell’Uomo e tutto diventa più veloce e più grande tanto che dalla Cina si passa per la Grecia e la Sicilia, da qui si va in Spagna e Portogallo per arrivare in Brasile e in Abcasia. Abcasia?
Si l’Abcasia.
Scopro che tra montagne protettrici di venti gelidi avversi e mari mitigatori vi è una piccola regione ricca di pianure fertili fatte di foreste e agrumeti.
Qui vive Ivo, Estone frondoso di rughe e bianchi capelli, intento a costruire varie cassette per l’imminente raccolta di mandarini insieme al suo amico Margus. Sennonché in quell’autunno del 1991 in Abcasia scoppia la guerra, ceceni e georgiani orfani della dissoluzione Sovietica si contenderanno per motivi etnici la terra e tutto quello che di più insignificante c’è dentro.
Tutto ciò ad Ivo sembra importare relativamente, con tutto che ci sono le bombe ed i fucili sempre carichi pronti a sparare, di partire non ne ha proprio voglia.
Io credo sia per proprio per i mandarini e per il loro profumo.
Se maturo dalla fragranza dolce e calda o acerbo dal sentore fresco e pungente innescherà sicuramente qualche ricordo in grado di influenzare le sue scelte, anche a costo della propria sopravvivenza. In fondo, niente vi è di più identitario di un profumo amico, custode di memorie ed emozioni a noi care. Immaginate quanto può essere intenso se moltiplicato per ogni albero coltivato da Ivo e Margus.
Luoghi, persone o momenti percepiti, seppur per istanti, grazie allo sfregare di quelle foglie e quei frutti.
Immerso all’interno di una guerra, a 70 anni, io non saprei a cos’altro appigliarmi.
Oltre che di terra Ivo si sporcherà le unghie anche di sangue.
A seguito di uno scontro proprio fuori casa sua, deciderà di soccorrere gli unici due superstiti, entrambi di fazione opposta. Ivo con la semplicità e l’efficacia di un contadino, fatta di poche parole e preziosi gesti alla stregua della poesia più alta, cercherà di mondare gli animi uniformando le screziature ideologiche dei due soldati.
Fine.
L’altra storia invece è più semplice, inizia nel 800, nel giardino di un monastero a San Salvador del Baia in Brasile.
Su un albero d’arancio amaro si sviluppa un solo ramo capace di produrre grandi, dolci e succosissime arance. Cinquant’anni dopo, un missionario presbiteriano le notò e mandò parti di quel ramo negli Stati Uniti dove vennero innestati su altri alberi d’arancio per propagare una pianta. Questa nuova varietà arriverà in California dando vita alla prima grande industria degli agrumi, facendo delle arance navel le più coltivale al mondo.
Fine.
Possono un singolo ramo ed un singolo uomo essere così simili?
E voi, avreste il coraggio di fuggire da rifulgenti verdi pascoli fatti di zagare e mandarini?
“co’ fiori eterni eterno il frutto dura,
e mentre spunta l’un, l’altro matura”
Carico i commenti... con calma