Li ritrovo dove li avevo lasciati. O per meglio dire mi ritrovano loro sollazzandomi le sinapsi. Più invecchiano più regrediscono, più i capelli bianchi nei video che osservo ciondolando il capo si fanno fitti, meno si prendono sul serio. Basta sentire “Strong Mind”, decisamente un numero di alta scuola per le mie orecchie. Scontri frontali tra chitarre aliene e un pianoforte scordato, stacchi e poi controstacchetti, pseudoassoli, coretti, fuzz e controfuzz a formare un ibrido tra country, soul e rock di matrice 70ties. Il basso gigione riassume bene le sensazioni che trasmettono, come fossimo sulle giostre, beatamente sballottati su e giù.

Questo secondo lp o miracolo (dipende dall’ascoltatore) è un continuo rimando alla storia del rock di stampo “classico”, con abbondanti annaffiate di pop made in Liverpool. Non c’è un pezzo uno che non mi faccia sorridere, che non mi vada a genio. Ninne nanne, campanacci, gong, tutto amorevolmente fuori posto e anche se stavolta hanno deviato un po’ troppo in direzione di sonorità post-hippie targate primi ‘70 li perdono, li amo lo stesso come prima più di prima. E non se li caca nessuno, probabilmente perché troppo semplice capacitarsi della meraviglia di dischi come questo, preziosi come un amico su cui poter contare, come il libro che fa sognare, come un sorriso nello specchio dell’anima.

Con tutti i propri limiti sono i ciottoli grezzi come questo e non le pietre miliari ad entrarti dentro per sedimentarcisi. Innamorarsi premendo play, e come recita l’ultima “Now That I’ve Got You”: our love is loud. Sono sicuro che McCartney è fiero di voi ragazzi.

Carico i commenti... con calma