John Balance e Peter Christopherson sono le due menti magistrali dei Coil. "Horse Rotorvator" è quasi impossibile che non piaccia, è una di quelle opere a cui ci si affeziona immediatamente. Con un pò di consapevolezza si rintraccia serenamente l'importanza di quei suoni, e quasi sempre è sorprendente leggere la data e sentire l'avanguardia del progetto.

E la gavetta, se così vogliamo dirla, di quei due tipetti dei Coil è testimoniata dai Zos Kia. Vari progetti a dire il vero hanno investito la mente e le mani, visto che non si suona ancora con il naso o con il mento, dell'abilissimo duo.

I Zos Kia sono attivi dal 1982 fino al 1985. Nel 1983 il loro primo e unico album. Un lavoro oscuro, criptico, troppo maturo per l'epoca e che smussa perfettamente le avanguardie del "Second Annual Report" dei Throbbing Gristle.

La trivialità, l'impatto e la nevrosi mista al senso di vulnerabilità è alta.

Facciamo un gioco. Metto la prima canzone e spengo la luce. Ci state? L'effetto e la pericolosità è come tirarsi oggetti al buio e vedere cosa succede e cosa si prende. (Vi aspettavate un papaboys a recensire ciò?!)

Bene, con un minimo di saggezza, visto che si tratta di un lavoro industrial/noise, ci immaginiamo subito una partenza con un impatto da panzer. Invece, "Sicktone", con le voci in sottofondo e i sibili delle macchine che stentano a immetterci nell'introduzione, ci rendono questo primo minuto un'infinità. Ma quando inizia il loop e il baccanale armonioso, sdomesso a dovere dalle urla disperate, nasce il ballo sadomaso della mente e del corpo.

Un'angoscia che invidierebbe un Blixa o uno Yowe, perchè qui, è tutto vivo. L'elettronica non rende l'atmosfera asettica e preparata a tavolino. E' tutto in un evoluzione. E' una vita, un processo, un sogno, uno stream of consciousness.

Una struttura filmica oserei dire, anzi no, teatrale. E' evidente la perfezione dell'idea che già al tempo avevano Balance e Christopherson.

Una malsana sezione ritmica è accoppiata dalle voci, sia narranti che urlanti. E' come se la voce narrante facesse calare un attimo il buio sulla scena, per poi rialzare il sipario e rimetterci in questo blackout/sogno ad occhi aperti del più oscuro abisso psichico.

Questo è quello che fanno "Baptism Of Fire", "Rape" e soprattuto "Truth".

Con "Sewn Open" si giunge alla futura concezione di "How To Destroy Angels" della fabbrica Coil. Un drone siderurgico rende l'ambient illusoriamente statico e fermo, come se si placasse il finimondo precedente o si annunciasse un'evoluzione alla quale non sappiamo come difenderci.

Ma nel resto di "Transparent" non avviene nulla di maggiormente claustrofobico rispetto all'inizio. Con "Here To Here" e "Stealing The Words" rimaniamo sorpresi nel trovare l'anticipazione della fantascienza visionaria e architettonica dei Coil più acculturati e ingegnosi. Un naturalismo mischiato a musica concreta e altre scorribande immaginifiche.

"On Balance" possiede un synth acido, che fa venire in mente i Suicide di "Cheree", condito da una sorta di meccanicità così sfacciatamente krautosa.

Il loop alla fin fine è la Bibbia nella quale attingono un pò tutti. Ma è come si propone un'idea che eleva e gratifica la proposta.

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