Ruvidi come un ramo secco. Alteratissimi, copertine fantastiche, sporchezza del suono ma nello stesso tempo precisione ortodossa. Lo-fi industrial dark ambient..

"Garista" è la prova vivente di idee strampalate, nate da un semplice schizzo sonoro, e da lì espanse con i lamenti del feedback.

Inserti tribali, riti voodoo con ombre e tratti orrorifici. Il malcapitato animo sta vedendo nella savana ciò che non voleva scorgere.

Sorpassi le stasi sonore per riscontrarti con il muro dell'infinito. Si immaginano scorci esotici. Verde, mari..tutto quello che cattura l'immaginazione nell'attimo. Domani, avrete un altro disegno urlante all'empiricità.

Tutt'altro che teoria.

Sempre più distanti dal riuscire ad appoggiarsi ad un piglio di realtà. Non si immagina neanche un pò la stanchezza dell'essenza.

L'occhio dell'animo si ciba sempre più delle paure e delle perversioni che compaiono nello spartito mentale dell'ombra scheletrica.

La ruvidità dell'esecuzione rende il tutto mitologico, biblico.

Sabbia e rivelazioni in un film muto.

La sensazione che si prova, raggiunta la metà del lavoro, è quella di scalare una montagna, che ti può sorprendere all'improvviso con il vuoto sottostante.

Si vaga a stentoni, con quel priofumo nello spirito di non voler aprire troppo la porta, ancora non pronti nell'improvvisarci nell'apparizione.

I misteri dell'Eden sono infiniti. Malsana vitalità si contrappone all'esecuzione robotica sul peperino di due homo sapiens. Schegge di suono idealizzato, cercando così di ridurre l'astrazione con l'occhio fresco di un giovane puero. Quando si cresce e si bruciano gli intoppi della vita si diventa più menefreghisti e più violenti con se stessi.

Si è alla fine di questa cartuccia di visione incontigente.

Scatta l'animo dalla consapevolezza del cambiamento..

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