"Gli Zu che suonano in zona? Non me li perdo!" è stato il mio pensiero quando un mio amico mi ha informato del concerto a La Scaletta di La Spezia. Così, stranamente per i nostri standard, riusciamo (io e altri quattro) a organizzare e a partire.

La Scaletta (o La Skaletta, dipende forse dai gusti, visto che è scritto in entrambi i modi) è un piccolo locale di La Spezia, ricavato da un garage: ambiente moooolto punkrock, soffitti bassi e poster attaccati ovunque. Al nostro arrivo c'è già parecchia gente che mi colpisce per l'età media abbastanza alta ("incredibile! Non siamo i più vecchi del locale", mi cita uno dei quattro, ricordandosi deegli Offlaga).

A mezzanotte inizia a suonare il gruppo di spalla, i "Repetita Iuvant".
I tre ragazzi luguri-apuani partono subito con la loro musica (solo strumentale... stasera niente cantato) che si inserisce fra le coordinate di Sonic Youth e Mogway, molto improvvisata e ovviamente noisy quanto basta. Tre brani (che mi confermano nel dopo concerto non avere titoli) che uniscono all'irruenza noise un gusto particolarmente psichedelico, alternando parti più meditative ad altre più tirate.

Poco più di mezz'ora di noise apuano e i nostri ragazzi lasciano il posto a qualla macchina da guerra chiamata Zu. Il trio romano si presenta in forma, partendo subito con il loro jazzcore dominato dal sassofono di Luca Mai: le canzoni dell'ultimo "Carboniferous" (non mi vorrei sbagliare, ma del passato non hanno ripescato nulla) vengono eseguite in modo impeccabile, in una tirata unica fino alla conclusiva "Ostia", passando da "Carbon" e "Beata Viscera" (le mie preferite dall'album, ho anche sperato, vanamente lo so, che a un certo punto spuntasse fuori Mr. Patton a gorgheggiare e aggeggiare con i mixer...).

Personalmente, mi piace molto la proposta dei romani e il concerto ha confermato le mie idee sugli Zu.
Unica, grande, enorme, nota stonata della serata è stato il pubblico: ok, fra il noise dei Repetita Iuvant e il jazz-core degli Zu, la musca non era affatto facile, ma vedere TUTTI che, mentre i musicisti ce la mettono tutta, stanno immobili (ma proprio immobili, senza nemmeno muovere di qualche cm la testolina per andare a tempo) sotto il palco è veramente una cosa tristissima, come ha commentato uno dei quattro "ma che fanno... credono di essere a sentire un concerto di Vivaldi?" (l'espressione era molto più colorita e infarcita di bestemmie che non riporto). Cosa pensavano di essere andati a sentire questi? La riprova dell'inadeguatezza è stata data dal fatto che, dopo un paio di brani, il "pubblico" se ne andava, preferendo farsi una fumata e due chiacchere nel giardinetto.

"Valli a capì!".

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