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I 30 Seconds to Mars hanno pubblicato un nuovo disco. E dicono di essere cambiati. Mah. Lo ascolto con la tipica perplessità di un assiduo ascoltatore di musica "impegnata" poco convinto, ma comunque incuriosito dalle premesse che Jared Leto, frontman e cantante del gruppo, dice un po' in giro. Per apprezzare al meglio questo disco, convincersi che non sia roba da Festivalbar in playback, bisogna partire senza pregiudizi, come se fosse un album di debutto. Lasciarsi alle spalle ciò che veniva detto dei 30 Seconds to Mars di "A Beautiful Lie" (a mio parere comunque un buon gruppo), solo perchè avanzanti col vento in poppa della vecchia mtv.

Molti di voi pensano e continueranno a pensare che sia il classico album fatto per guadagnare, con un paio di "canzoncine power per tenere buoni i fan". Ma non è così. Ciò che abbiamo di fronte è un concept album molto ambizioso che vuole analizzare le molteplici sfere in cui è divisa la vita, per comodità raggruppate in quattro poli: Amore, Piacere (o Lussuria che sia), Fede e i Sogni. Così almeno recita una soave voce femminile all'inizio del relativo blocco di canzoni narrante l'argomento.

"Love". E l'album inizia con un crescendo di timpani e tamburi nella monumentale "Birth" che decolla nella fine per poi partire senza mezze misure nella successiva "Conquistador". Testi più o meno insulsi, ma che si amalgano alla perfezione con la musica. Il tempo di una critica e la voce continua imperterrita: "Lust". Up In The Air, terza traccia dell'album per la quale non accennerò minimamente alla scenata commerciale eseguita dal trio di Los Angeles per promuoverla. Canzone dai risvolti disco, difficilmente etichettabile, forse l'unica canzone che rispecchia al meglio il precedente album "This Is War". Per fortuna.

"City Of Angels" rappresenta forse il miglior connubio fra il vecchio gruppo e ciò che cercano di essere ora: piacevole e scorrevole, la voce di Jared Leto risuona come non mai. Un bel problema considerando le sue scarse prestazioni live. La successiva The Race viene introdotta da dei violini molto pretenziosi ma comunque piacevoli, e la canzone mi offre lo spunto per sottolineare come effettivamente i coretti che il gruppo aveva introdotto nell'album precedente e dei quali aveva abusato all'inverosimile abbiano effettivamente sgranulato i pistacchi. Una delle poche pecche trovate fin ora.

Prima ballad dell'album è "End Of All Days", la quale non mi entusiasma molto e dopo un po' stucca, un'impressione neutrale. Giungiamo quindi a quello che secondo me è il capolavoro dell'album: Pyres Of Varanasi. Uno strumentale imponente, cupo e misterioso su cui vengono recitati canti indiani. Fantastico, forse è davvero questo ciò che cercavo.

"Faith". La voce ci fa prendere di nuovo coscienza di cosa stiamo ascoltando, e ce lo ricordano anche i fastidiosi coretti in Bright Lights. Testi nella media, ma come dicevo si fondono alla perfezione con l'atmosfera che si sta creando dopo passo. Infatti siamo partiti dall'Amore in maniera "forte" (relativamente parlando) per poi sfumare piano piano, uno zoom fuori campo verso altri ambiti, un lieve abbassarsi fino a toccare il terreno, verso il mondo dei sogni. La successiva Do Or Die rientra sempre nel campo della Fede ma ciò che colpisce è il crescendo di Convergence, strumentale composto da Shannon Leto, batterista del gruppo, la quale parte da uno xilofono leggero, ripetitivo, quasi come se volesse farci addormentare. Appunto.

"Dreams". Recita finalmente la voce. L'atmosfera si fa subito più cupa, tetra ed impenetrabile, come un brutto sogno nel quale è difficile capire il proprio ruolo. Northen Lights sviluppa appunto questa idea. Abbiamo analizzato la vita, siamo caduti addormentati, vittima di un incubo. Sognare è davvero così bello? Siamo del tutto indipendenti da ciò che inconsciamente pensiamo? Questi sono gli spunti che l'album dà su cui riflettere. Con questi interrogativi freddi in bocca l'album si avvia alla sua conclusione con "Depuis Le Dèbut". La canzone parte fredda, voce e chitarra nel modo più banale possibile, per poi fermarsi improvvisamente. Fa il suo ingresso la sezione di archi e i timpani che avevamo lasciato all'inizio dell'album. Un colpo secco. Due. Un altro. Poi il silenzio. L'atmosfera di un sogno indecifrabile è stata degnamente ricreata. "Sogno davvero ciò che voglio sebbene non riesca a controllarlo?". Le domande incominciano ad affollarsi in testa. Ed intanto dalla canzone parte soave il suono di un carillon, dolce, cullante. Ripetitivo. Il carillon suona, ci siamo svegliati. Come dei bambini cerchiamo conforto, ignari del fatto che non si sfugge al nostro io più recondito (l'Argus Apocraphex, così lo chiama il gruppo). Questa è solo una tregua. Per quanto siamo ancora al sicuro da noi stessi? Dai nostri sogni? Siamo davvero consci di ciò che è la nostra vita al momento? Il carillon continua imperterrito. Si ferma. Il silenzio.

Elenco e tracce

01   Birth (02:07)

02   Convergence (02:00)

03   Northern Lights (04:44)

04   Depuis Le Début (02:33)

05   Conquistador (03:12)

06   Up In The Air (04:36)

07   City Of Angels (05:02)

08   The Race (03:40)

09   End Of All Days (04:51)

10   Pyres Of Varanasi (03:12)

11   Bright Lights (04:46)

12   Do Or Die (04:07)

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