Nella sua soavità e leggiadria, "Mary" è un film profondamente corrosivo in cui vengono trattate le annose questioni sulla figura di Maria Maddalena e non solo, spudoratamente spettacolarizzate e romanzate dal "Codice Da Vinci".

E' un'opera che si potrae su piani diversi che si intrecciano in modo indissolubile, in cui vengono posti in discussione alcuni corollari del tradizionale insegnamento cattolico come quello legato alla superstizione del deicidio ebraico che ha dato il destro alla Chiesa di Roma per uccidere impunemente milioni di ebrei nel corso della sua storia, e quello, come detto, relativo al ruolo di Maria Maddalena che da semplice prostituta, come ci è stata presentata dalla dottrina cattolica integralista basata sui vangeli e le scritture ufficiali, diviene non un'amante o la moglie del Cristo (così come più volte descritta nei vangeli cosiddetti apocrifi), ma più semplicemente e rivoluzionariamente il messaggero della sua parola. La disputa legata a questi aspetti che tanto hanno fatto irritare il Vaticano, tuttavia, agisce nell'opera quasi in secondo piano rispetto alle tante altre tematiche affrontate.

Abel Ferrara si scaglia innanzitutto contro la censura americana, molto spesso manovrata dalle potenti lobby oltranziste cristiane (a cui appartiene con fierezza anche George Bush), dando voce al regista Tony Childress (Matthew Modine) che si lamenta con forza delle proteste contro il film da lui girato sulla passione di Cristo ("stanno mandando a farsi fottere il primo emendamento"). Ma anche a rappresentare quella parte di America critica con il film di Tony, Abel Ferrara riesce a far scalpore. A criticarlo, infatti, non è il più fanatico prelato bianco mandato in missione direttamente dalle terre vaticane, ma un presentatore (Forest Whitaker) nero, panciuto e fedifrago (certo che ci vuole davvero un bel coraggio a tradire la propria moglie a poche ore dal parto) che ha trovato la fede soltanto dopo la consumazione del suo dramma familiare.

Il suo intimo dolore si intreccia con quello più grande della tragicità del conflitto israelo-palestinese, con cui si trova a convivere Mary (Juliette Binoche) nella sua ricerca della verità su Maria Maddalena. Sulla questione che da decenni insanguina la Terra Santa, Abel Ferrara non prende posizione, ma si limita a manifestarne l'apocalisse attraverso l'immagine di un esplosione di una bomba e, soprattutto, attraverso la sconvolgente visione (assolutamente vera) di un padre che, trovatosi casualmente in mezzo ad una sparatoria tra militari israeliani e ribelli palestinesi, cerca di proteggere invano con il suo corpo il proprio figlioletto.

Il film, ad ogni modo, ci lascia con un barlume di speranza. Dio punisce, ma perdona.

Così come si può risolvere felicemente ogni più piccolo problema personale con la ricerca della fede e l'aiuto di un Dio misericordioso, anche le sofferenze più grandi possono trovare pace. E ciò senza ricorrere alla intermediazione necessaria della Chiesa in quanto, come ci insegna Mary, tutti noi siamo creati ad immagine e somiglianza di Dio, Dio è in ognuno di noi e, quindi, possiamo cercarlo e trovarlo autonomamente.

Davvero memorabile è, poi, la scena finale che ci invita tutti a riflettere. Siamo stati indottrinati a credere che la parola di Dio sia stata divulgata da Pietro e dai suoi discepoli (tutti uomini). I duemila anni successivi sono stati costellati da genocidi e nefandezze inenarrabili, molte compiute nel nome di Dio.

Secondo voi, come sarebbe stata la storia dell'umanità se avessimo saputo che a diffondere il messaggio divino fosse stata una donna insieme ad altre donne?

 

Carico i commenti... con calma