Oltre i confini dell'immensa regione denominata metal, in una landa inospitale dove tifoni e nubifragi straziano senza sosta il cielo oscurato e la terra paludosa: là si annida questo reietto del mondo.

Ancora una volta mi trovo in difficoltà. Di preciso che cosa suonano, o meglio professano, gli Ævangelist? Rumor(ror)e, death-melma, miasmambient. Passino i neologismi improvvisati, ma la disumanità resta in ogni caso la chiave di volta che regge tutto il peso delle loro architetture contorte. Del resto come si potrebbe definire Hosanna? Coacervo di clangori industriali, stridori, gorgoglii: può rendere vagamente l'idea? E il passo pachidermico di The Only Grave, quel doom corrotto e sbilenco? È un death metal slabbrato, guastato nelle viscere da qualche parassita e ormai reso irriconoscibile. La produzione a dir poco belligerante, poi, completa il quadro.

Il verbo degli Evangelisti corteggia l'abominio, sfida la logica senza indulgere né offrire appigli di sorta. Non si fa scrupoli a trascinarci in gorghi limacciosi di non-melodie agonizzanti (Præternigma), per poi all'improvviso riesumarci, invitandoci a un'ipnotica danza cerimoniale (Disquiet). E che dire di Ælixir: un sax schizofrenico (praticamente zorniano) screzia questo pasticcio di riff indistinguibili, versi animaleschi e il consueto fondale (dark) ambient a tormentare il tutto.

Immonda ed esagerata è la bolgia di urla in Harken to the Flesh. "Prestate ascolto alla carne": oltre all'irresistibile richiamo della concupiscenza, riuscite a percepire il suono di metastasi che avanzano? E sentite come si risveglia lo slancio ferino in Halo of Lamented Glory, sentite come quel sassofono viene sventrato e trasformato in qualche strana bestia con una sete disperata di sangue. Forse la conclusiva title-track, dagli arpeggi puliti e raggelanti (affiora alla mente il Michael Gira di White Light), lascia intravedere un lontanissimo spiraglio di luce. Pia illusione: l'ultima tappa del viaggio è anche la più lucida e ragionata, a mo' di monito, ma le ombre della psicopatia tornano presto a deturpare l'orizzonte.

Writhes in the Murk ribolle, striscia, si contorce; le sue forme si liquefano assumendo di volta in volta aspetti aberranti, indecifrabili. Non è una creatura benevola, questo si sarà capito. Ma chi osa abbandonarsi al suo abbraccio infetto potrà concepire un nuovo abisso dentro di sé; in fin dei conti non è proprio dalle profondità più occulte che possiamo rinvenire tesori preziosi, o scrutare le vette?

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