Alexander Payne non è mai stato il tipo di regista per cui sbavano i cinefili. Non fa il gotico come Tim Burton, non è un feticista della simmetria come Wes Anderson, e si tiene alla larga dalle acrobazie mentali in 4D di Nolan. Quello che fa è raccontare storie più o meno "normali" con una punta di cinismo e una generosa dose di fragilità umana. I suoi personaggi sono imperfetti, a volte decisamente sgradevoli, ma irrimediabilmente reali. Una specie di antidoto al buonismo plastificato di tanto cinema contemporaneo.

Ha attirato l'attenzione per la prima volta, in modo educato, da quel gentiluomo del Midwest che è, con Election nel 1999, interpretato da Reese Witherspoon e Matthew Broderick. Election è una commedia nera come la pece che non è diventata un fenomeno di culto in Italia, forse perché raccontava bene personaggi troppo calati nella realtà americana. Witherspoon, lontanissima dal suo standard di fidanzatina d’America, era una studentessa tanto brillante quanto spietata, una Lady Macbeth vestita da cheerleader.

Poi sono arrivati, in ordine sparso, About Schmidt, Sideways - In viaggio con Jack, I discendenti, Nebraska. Nel cult Sideways (2004), Paul Giamatti interpretava un depresso snob amante del vino, il cui più grande amore probabilmente era una bottiglia NON di Merlot. Giamatti torna in The Holdovers, interpretando un altro intellettuale brontolone, socialmente disabile e sfortunato in amore. Potrebbe essere il fratello maggiore di quello di Sideways, con la vista peggiorata, più acciacchi e meno illusioni.

Il professor Paul Hunham è un cliché ambulante che veste giacche con le toppe sui gomiti, un impopolare insegnante di lettere classiche condannato a fare da babysitter a un gruppo di studenti bloccati nel loro collegio del New England durante le vacanze di Natale. Il gruppo si riduce velocemente a uno: Angus Tully, un tipo di ragazzo intelligente e arrabbiato che fa passare la voglia di romanticizzare l’adolescenza. Aggiungete Mary Lamb, la cuoca della scuola che piange la recente perdita del figlio in Vietnam, e avete un trio di infelici senza altra scelta che mangiare, litigare e accettarsi con pazienza durante le nevose vacanze natalizie del 1970.

La trama poteva deragliare in molti modi Un film minore avrebbe optato redenzione a buon mercato, manipolazione emotiva, o un finale edificante con tarallucci e vino. Ma Payne resiste a tutto questo. Invece, The Holdovers non si concede all’estetica della lacrima facile. Nessuna grande epifania, nessun sermone sdolcinato. Forse l’unica nota stonata è una battuta del professor Hunham, che anticipa troppo il finale e ci ruba un piccolo sussulto emotivo. Ma è un peccato veniale.

La storia è di portata modesta, e lo stile rassicurantemente old-school. Ha persino ottenuto una nomination per il Miglior Film - non per vincere, ovviamente, ma per concedere un cenno di approvazione ad un bravo sceneggiatore e regista che riesce ancora a fare film con un cuore. Vale la pena di notare che Payne ha già due statuette come sceneggiatore (Sideways e The Descendants), quindi non aveva niente da dimostrare - e si vede.

Girato tra corridoi gelidi e paesaggi innevati del New England, The Holdovers è il film perfetto da guardare mentre l'estate vi sta sciogliendo il cervello. Non vi sconvolgerà la mente, ma potrebbe sciogliere qualcosa nell’anima. Disponibile su Netflix.

----------------------------------

Ho letto la buona recensione di Confaloni di Gennaio 2024, ma visto che alcuni DEBaseriani erano interessati e chiedevano dove fosse disponibile il film, ho pensato che potesse interessare un altro punto di vista e l'indicazione sulla disponibilità.

Carico i commenti...  con calma

Altre recensioni

Di  Confaloni

 È pur sempre vero che in fondo al tunnel splende la luce che ci riporta alla superficie, dotati di maggior determinazione e forza.

 Portare la cinepresa a filmare la vita quotidiana, senza orpelli, come fa Payne è un colto rimando a quel cinema americano che animò il periodo dell'altra Hollywood.