Per una volta proverò ad essere breve e conciso (quindi perdonate l'uso di troppe "etichette").

Brendon Whitney (Alias) è un produttore/dj/musicista con radici nella cultura Hip-Hop. Arriva, da Portland (quella nel Maine), a San Francisco nel 1997 e qui con altri 7 personaggi, orbitanti nell'universo dell'elettronica indipendente della West Coast, fonda l'Anticon.: etichetta che è stata più volte definita "l'equivalente del Post-Rock nell'Hip-Hop" oppure, con un neologismo intrigante, "AvantHop".

Rona Rapadas (Tarsier) è una chitarrista/pianista/cantante dalle influenze Folk-New Age e (acusticamente) Pop(eggianti). Un giorno, nel 2003, si trova ad ascoltare "Muted", Lp strumentale di Alias, e se ne innamora tanto da contattarlo (via mail: lei era a New York per via del suo progetto Healamonster & Tarsier) e proporgli una riedizione dello stesso cantata da lei. Vi risparmio tutti i passaggi intermedi (che comunque potrete leggere qui) sappiate solo che alla fine quella collaborazione produsse un altro album completamente "autonomo": questo di cui sto per parlarvi (il cui titolo deriva dalla contrazione dei nomi delle due località da dove i nostri comunicavano per porlo in opera. Brooklyn ed Oakland).

La prima cosa che viene in mente ascoltando "Brookland/Oaklyn" è di ringraziare tutto quel fermento musicale che ebbe vita dalle parti di Bristol (UK) all'alba degli (meravigliosi?) anni '90. Si, sto parlando del Trip-Hop. Ringraziare perchè, che che se ne dica, dopo molti anni influenza ancora moltissimi artisti da una parte e l'altra dell'Atlantico e quello che più importa è che lo fa in modo concettualmente positivo e non supinamente derivativo (e scusate l'abuso degli avverbi).

Rimanendo nel topic, infatti, questo disco (uscito nel 2006) lungi dall'essere un clone di Massive Attack, Tricky, Portishead etc. etc. presenta delle caratteristiche molto personali che derivano dalle esperienze, artistiche e di vita, dei due co-autori: se da una parte la "decisa" anima New Age di lei (e della sua voce) dona quell'adorabile alone Dream Pop, dall'altra, le esperienze elettroniche Hip-Hop (soprattutto in fase ritmica: nelle linee basso-batteria) di lui fanno da contraltare: il risultato è un piacevole "pastiche" denso di contaminazioni. Il "classicismo" che proviene dall'uso (non raro) del pianoforte e/o gli amarcord folk delle chitarre acustiche vengono abilmente incastonati in ritmi e loop da Club Music ma senza andare "sopra le righe", mai, e rimanendo in un mood dolce e sognante (provate ad ascoltare qui): una vera e propria carezza melodica dopo i ritmi "industriali" delle nostre giornate.

Una visione ottimistica dei dolori del Trip-Hop. Tutto sta a capire se, per chi ascolta, giunge fuori tempo massimo.

Mo.

Carico i commenti... con calma