L'altro giorno ho portato i bimbi all'inaugurazione di una nuova ludoteca. Gli amministratori locali hanno pensato bene (!) di inserire le stanze adibite ai giochi infantili all'interno di una casa di riposo per persone molto, ma molto, avanti con gli anni. Incuriositi dal luogo abbiamo esplorato l'ambiente popolato da individui al limite dell'autosufficienza. Fantasmi loro e fantasmi noi per loro. Nessun gesto, nessuna parola, nessuno sguardo interessato. Sembravamo all'interno di una stupefacente installazione vivente d'arte contemporanea. Altro che le modelle nude di Vanessa Beecroft. Altro che le mucche sezionate in formaldeide di Damien Hirst. Altro che gli scatti obituari di Andres Serrano. Questi esseri umani vivono all'interno di un limbo. Essi non sono più in questo mondo e non sono ancora nell'altro. Come accade a persone cadute in coma, a chi ha subito seri danni cerebrali e ad ognuno di noi per almeno un istante della propria vita. Ebbene, non trovo metafora più adatta del limbo per descrivere questo disco.

Insen. Faro sonico destinato a perdurare per molti, ma molti, anni a venire. Insen non significa nulla nell'idioma nativo di Alva Noto alias Carsten Nicolai, disegnatore di suoni, nato a Karl Marx Stadt ex-DDR. E non significa nulla nell'alfabeto ideografico del Maestro Sakamoto.
Insen non è musica come viene tradizionalmente intesa. E non è ancora silenzio, anche se dell'assenza di suono si nutre in tutte le sue sfumature. Insen è note di piano. Improvvise. Insistite. Incantevoli. Insen è random di grappoli glitch. Inauditi. Instabili. Ieratici.

Insen è nell'intervallo tra il senso di quello che viene chiamato vissuto e il suo non-senso. Parentesi aperta. Di vertigini riprodotte. Di astrazioni rotanti. Di minimi slittamenti dell'anima. Limbo dove tutto quello che è importante volteggia nell'aria sotto forma sonora. Limbo d'intimità passata e presente. Limbo instabile all'apparenza ostico forse perché mai conosciuto prima. Ma una volta dentro si desidera restare impermanente. In permanente ascolto. Di un dialogo illuminato che suona insieme antico, contemporaneo e futuro. Di sette fraseggi impressivi. E una volta fuori dal limbo vien voglia di ascoltare l'aria. Di cercare i riverberi di tutte quelle molecole emotive vaporizzate. Di cercare una mano da stringere. Di cercare lo sguardo di un bimbo, che alzati gli occhi al cielo, fantastica sulle forme biancoazzurre delle nuvole. "Every colour you are."

Post Scriptum: Sulle molteplici attività visive, sonore, artistiche di Carsten Nicolai molto altro ci sarebbe da dire, incluso "Vrioon", il debutto del duo. Sul fatto che tutto ciò interessi agli abitanti di DeBaser nutro seri dubbi?

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