Cercando di rimodulare il mio ottuso status di mammifero andai per boschi con "Transform" in cuffia.

Mutare il ferro in oro è roba da dilettanti, ma credo comunque che una buona pietra filosofale la si forgi mescolando i contrasti.

Occhi sul mondo naturale e orecchie su quello artificiale.

E il cervello come calderone.

Lussureggianti betulle cullate dalla loquela di circuiti integrati.

Ciuffi d'erba riuniti in assemblea che si scambiano opinioni utilizzando il linguaggio binario.

Microsound a incastri dalla precisione assassina segnano tacche sui poveri tronchi di salici in lacrime.

Una techno minimizzata a codice morse cadenza il passo di anatroccoli piuttosto carini.

Sordi droni in sottofondo fanno ombra a un paio di primule circondate dai rovi.

E poi glitch, glitch, glitch, glitch, glitch e ancora glitch.

Glitch come se piovesse, glitch come il benefico effluvio di quell'umidità tanto necessaria allo sviluppo dei funghi (velenosi e non, dei piedi e non).

Glitch amorali che si riflettono nelle pupille dilatate di una ranocchia mentre scruta con voracità il volo di una libellula.

Glitch atonali come i piccoli colpi d'ascia di un picchio mentre cerca quello che sarebbe il suo pane quotidiano.

Glitch umorali che si dimenano, si percuotono, si sfiancano, si riproducono, si depistano, si innestano, si incistano, si offendono, si sorridono, si accavallano, si frullano, si frollano, si pingpongheggiano.

E avvolgono e nutrono i miei passi nel bosco.

Sono sempre un mammifero, ma per un'ora lo sono stato di meno.

Ricerca del nulla.

Ricerca del nulla attraverso i contrasti.

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